La disinformazione digitale disorienta l’opinione pubblica e la democrazia va protetta. Se ne parla oggi al Meeting con Luciano Violante
“Dialogo, propaganda… il rischio della guerra cognitiva” è il titolo dell’incontro che si svolgerà oggi alle 19 al Meeting. Parteciperanno Paolo Carozza, Chair Meta Oversight Board; Mauro Magatti, professore di sociologia, Università Cattolica del Sacro Cuore; Luciano Violante, presidente Associazione Futuri Probabili. Modera Andrea Simoncini, professore di diritto costituzionale e pubblico, Università degli Studi di Firenze e vicepresidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS. Ecco alcune riflessioni sul tema di Luciano Violante.
La libertà cognitiva è il diritto a determinarsi autonomamente. Oggi chi comunica in forma diffusa esercita una grande influenza sui comportamenti umani. Secondo il World Economic Forum (2024) il 64% degli utenti digitali ammette di avere difficoltà a distinguere tra informazione verificata e disinformazione online. È evidente che lo sviluppo della AI impone di ripensare oggi la persona umana nella sua interezza (A. Simoncini).
Si affaccia, inoltre un problema democratico. Nelle liberaldemocrazie la sovranità appartiene al popolo; l’insieme delle opinioni del popolo costituisce l’opinione pubblica, che non deve essere manipolata. Presupposto di una libera opinione pubblica è la libertà cognitiva, oggi minacciata da tre rischi: a) la mancata separazione del potere digitale dal potere politico, b) le tecniche di disinformazione digitale, c) il condizionamento tecnologico dell’attività cerebrale.
Mancano norme per la separazione tra potere politico e potere digitale e quindi il primo potrebbe favorire il potere digitale mediante l’abrogazione delle norme che disciplinano la correttezza dell’informazione.
Il potere digitale, in cambio, potrebbe mettere a disposizione del potere politico i dati su singoli cittadini o su gruppi di cittadini e costruire campagne insidiose, mendaci o ingannevoli, per delegittimare gli avversari e per iperlegittimarlo.
L’informazione, attraverso i social, provoca una sorta di slavina permanente all’interno della quale, accanto a notizie veritiere, si inseriscono notizie distorte provenienti anche da poteri stranieri ostili che muovono la guerra cognitiva. La Cina ha investito, nel 2024, 85 milioni di dollari per la guerra cognitiva. Il New York Times del 15 ottobre 2018 ha informato che il governo militare del Myanmar aveva creato numerosi account Facebook, per immettere in rete notizie false con l’obiettivo di provocare reazioni violente contro la popolazione musulmana Rohingya. Le pagine apparivano come appartenenti a personaggi estremamente popolari nel paese – e quindi con altissimi numeri di followers – ma erano gestite dal governo militare al fine di diffondere notizie o immagini false vòlte a innescare reazioni di odio contro le minoranze islamiche. L’annullamento delle elezioni in Romania è noto a tutti.
La più pericolosa manipolazione della volontà umana è costituita da impianti neuronali originariamente pensati per alleviare gravi malattie, ma che possono essere utilizzati anche per condizionare le libere manifestazioni di volontà. Collegare il cervello umano ai computer è una concreta possibilità che ci permette di affrontare positivamente i più gravi disturbi del sistema nervoso, ma anche di condizionare le libere manifestazioni di volontà.
Il Regolamento Europeo sulla AI, vieta, tra l’altro, “l’immissione sul mercato, la messa in servizio o l’uso di un sistema di IA che utilizza tecniche subliminali … aventi lo scopo o l’effetto di distorcere materialmente il comportamento di una persona o di un gruppo di persone … inducendole a prendere una decisione che non avrebbero altrimenti preso”.
Conseguentemente in varie parti del mondo si sta riflettendo sui neurodiritti, diritti umani relativi alla sfera mentale e neurocognitiva per disciplinare l’uso di neurotecnologie potenzialmente in grado di condizionare il pensiero e l’agire umano. Si tratta di quei diritti inviolabili della persona umana di cui parla l’art. 2 della nostra Costituzione.
Al rischio dei condizionamenti cognitivi dobbiamo opporre il coraggio cognitivo (Aprea): la forza di mettere in discussione il pensiero digitale dominante, il valore del dubbio e una visione del mondo alternativa a quella che vorrebbero propinarci i manipolatori digitali.
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