In Francia, nei villaggi del massiccio dei Bauges, i fedeli cattolici sono stati serviti per anni dai preti africani Jean Mayamonals e Isaac Dikundwakila, arrivati sulle Prealpi dalle loro diocesi di Matadi, nella Repubblica Democratica del Congo. I due sacerdoti si erano stabiliti qui nel 2016 per sopperire alla carenza di personale religioso riscontrata dalla Chiesa nel dipartimento. Avrebbero dovuto lasciare la Francia nel 2022, data di fine della loro missione per la diocesi di Chambéry, ma così non è stato. Ora i padri Jean e Isaac sono scomparsi dai radar della Chiesa e dell’amministrazione francese. Essendo scaduto il loro permesso di soggiorno, sono fuggiti via.
Nella cittadina di Saint-Pierre-d’Albigny, i parrocchiani conoscono la situazione. Padre Jean, infatti, si è avvicinato a loro dopo la sua partenza ufficiale: “Aveva bisogno di aiuto per continuare a vivere qui, di essere curato. Un prete non guadagna molto. La gente lo ha accolto. È carità cristiana” spiega un fedele. “Durante la sua ultima messa, nell’agosto 2022, ci ha detto che sarebbe rimasto un po’ in Francia per ricevere un trattamento” racconta ancora un altro parrocchiano a Le Parisien. I sacerdoti stranieri, soprattutto africani, sono quasi 3.000 in Francia sui 13.000-14.000 del Paese. La loro missione è limitata nel tempo: possono essere tre, rinnovabili una sola volta. Alla fine, dovrebbero tornare nel loro Paese.
Preti congolesi clandestini: i paesini della Savoia li proteggono
Padre Raoul, del Benin e sostituto di padre Jean, ritiene che questa vicenda “dà una cattiva immagine dei preti africani” e che il contratto tra le diocesi straniere e quelle francesi debba essere rispettato. Nella vicina parrocchia di Montmélian si è verificata una situazione identica. Padre Isaac, anche lui congolese, ha continuato a risiedere in Savoia nonostante la fine della sua missione nel 2022. Padre Isaac Dikund, contattato telefonicamente, ha fatto sapere: “Sono tornato in Congo dopo la scadenza del mio contratto, ma lì la mia vita è in pericolo. Ero vicino a un politico i cui oppositori vogliono attentare alla mia vita. Ho due nipoti che sono stati assassinati nella casa della mia famiglia. Il mio permesso di soggiorno era ancora valido, sono tornato in Francia per sicurezza”.
Dopo la scadenza dei suoi documenti, padre Isaac ha vissuto grazie alla solidarietà dei parrocchiani. “Se è minacciato nel suo Paese, dobbiamo tenerlo con noi”, ha detto il sindaco di Montmélian, Jean-Claude Nicolle. Ma Isaac Dikundwakila alla fine ha deciso di tornare in Congo. Una ventina di sacerdoti africani sarebbero in Savoia con un contratto Fidei donum (enciclica che dal 1957 autorizza i distacchi di sacerdoti da un Paese all’altro), più di un terzo del personale del dicastero. La vicenda dei sacerdoti congolesi resta eccezionale, assicura Éric Millot, sacerdote e direttore del Servizio Nazionale per le Missioni e le Migrazioni della Conferenza dei vescovi di Francia (CEF): “Il sacerdote diocesano inviato in un altro Paese rimane attaccato alla sua diocesi di origine perché si è impegnato, nel giorno della sua ordinazione, a servirla in via prioritaria. Ogni vescovo è attento alle situazioni particolari; ad esempio quando il Paese di origine è in guerra o si trova in una situazione politica difficile”.