Claudio Risé, firma del quotidiano “La Verità”, effettua sull’edizione in edicola in data odierna, giovedì 1° maggio 2021, una riflessione sul delicato periodo che il mondo sta affrontando, complice la pandemia di Coronavirus, e lo fa partendo da un dato di fatto: “Il mondo non è più in corsa verso chissà quale meraviglioso mondo futuro, ma sta vistosamente rallentando nella maggior parte dei settori”. Di conseguenza, a questo punto, il problema non è più “andare troppo in fretta, ma non esagerare con le frenate, perché potrebbero esserci tamponamenti e qualcuno rischia di farsi male. Dobbiamo (tutti) imparare a rallentare bene”.
Tuttavia, fa notare il giornalista, “sono almeno 50 anni che il mondo sta rallentando. La fine degli anni Sessanta, con il suo misto di euforia e terrore, già annunciava il cambiamento. Fu anche per reazione alla fiacca recita di quel capitalismo arrembante e psicologicamente inflazionato che allora decine di migliaia di ragazzi corsero in India. Non solo per drogarsi, ma perché lì tutto andava finalmente adagio, c’erano poche macchine, si mangiava meno, ci si poteva vestire con tre stracci e nessuno trovava da ridire”. Una condizione, insomma, che l’uomo parrebbe sempre avere ricercato, anche se mai avrebbe voluto raggiungerla in questo modo.
RISÉ: “SI RALLENTA, NON SPAVENTIAMOCI”
Risé, su “La Verità”, sottolinea altresì che non è il caso di spaventarsi di fronte al rallentamento globale che si sta registrando, dal momento che si tratta di un momento naturale, al pari dell’arrivo della stagione invernale dopo quella estiva, così da preparare la primavera successiva. “L’alternativa – una popolazione umana in costante crescita, società ancora più divise economicamente, un consumo pro capite sempre maggiore – sarebbe catastrofica”, scrive il giornalista, citando il professore di Oxford Danny Dorling. Aggiungendo poi un interessante pensiero, utile ad aprire un’eventuale dibattito sulla tematica: “Le crisi, coi loro rallentamenti nei vari campi, sono sempre più provocate e accompagnate dagli effetti economici delle malattie. È il nostro corpo martoriato dalla stupidità il grande accusatore del nostro stile di vita, sistema economico e modello culturale. Le patologie contemporanee sono patologie della fretta, del disprezzo per la natura, del materialismo e dell’avidità aggressiva. Dobbiamo rallentare, se vogliamo continuare a vivere. Se possibile bene”.