RECORD DI POVERI/ Campiglio: i sostegni hanno fallito e l’aumento del Pil non basta

- int. Luigi Campiglio

Nel 2020 è aumentato il numero di famiglie e di persone in povertà assoluta. La rete dei sostegni non ha evidentemente funzionato bene

Code Milano Pane Poveri Lapresse1280 640x300 Milano, coda per la consegna di beni alimentari di prima necessità (LaPresse)

Nel 2020 in Italia è aumentato il numero di famiglie e di persone in povertà assoluta. Le prime hanno sfondato la soglia dei due milioni, quando nel 2019 erano meno di 1,7 milioni, mentre per quel che riguarda gli individui l’incremento è stato di circa un milione (da 4,6 a 5,6 milioni). L’Istat, nel diffondere ieri queste statistiche, ha fatto presente che “dopo il miglioramento del 2019, nell’anno della pandemia la povertà assoluta aumenta raggiungendo il livello più elevato dal 2005 (inizio delle serie storiche)”.

Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, nel commentare questi dati non nasconde che si tratta di «una radiografia impietosa, che segnala un aumento delle disuguaglianze. Trovo anche scandaloso che a essere colpite siano le famiglie più giovani con figli, i quali inevitabilmente subiscono di riflesso una privazione. Non a caso l’Istat parla di oltre un milione di minori in povertà assoluta. Siamo di fronte a una situazione molto grave: non si può continuare a parlare dei giovani, del loro futuro, quando sono quelli che hanno subito l’impatto maggiore della crisi».

Colpisce soprattutto che il livello record della povertà assoluta sia stato raggiunto nonostante i sostegni che sono stati erogati l’anno scorso…

Vuol dire che questi sostegni non sono stati adeguati. Trovo interessante il dato relativo all’incidenza di povertà assoluta familiare per condizione professionale della persona di riferimento. Per chi è in cerca di occupazione, è rimasta al 19,7% del 2019, per operai e assimilati si è passati dal 10,2% al 13,2%, per dirigenti, quadri e impiegati dall’1,7% al 2,5%. Colpisce, tuttavia, in particolar modo il fatto che per la categoria imprenditori e liberi professionisti, per la quale, spiega l’Istat, non c’era un dato nel 2019 a causa della scarsa numerosità campionaria, nel 2020 si sia arrivati al 3,2%. Stiamo evidentemente parlando di quella fetta di popolazione costituita da 5 milioni di lavoratori autonomi.

Non passa inosservato nemmeno il fatto che la crescita più ampia delle famiglie in povertà assoluta sia stata al nord.

Evidentemente i sostegni sono stati più efficaci al sud che non al nord. Quella zona del Paese dove notoriamente c’è più lavoro è stata quella più colpita dalla crisi. Le code ai centri che distribuiscono generi alimentari a Milano sono il segno più tangibile del fatto che i sostegni sono stati inadeguati, o quanto meno non sono arrivati a una parte di popolazione che certamente aveva bisogno.

Se pensiamo alle risorse stanziate per i sostegni nello scorso anno vuol dire che la rete di protezione non ha funzionato per tutti.

Non possiamo dirlo con precisione, ma i numeri sembrano indicare che si tratta di una rete in parte inadeguata, perché i tagli allo stato sociale che sono stati fatti in questi anni hanno presentato il conto, e in parte con dei grossi buchi per cui non protegge tutti, come evidentemente segnala il dato sugli imprenditori e i liberi professionisti. Non dobbiamo poi dimenticare una cosa a proposito dei sostegni erogati.

Quale?

Tra di essi viene menzionata anche la cassa integrazione, che però è inferiore al normale salario. Ciò, per le fasce di reddito più basse, può portare a uno scivolamento verso la povertà. Questo è un problema che si lega ai livelli di Pil pro capite e di reddito da lavoro troppo bassi in Italia. C’è il rischio che si verifichi qualcosa che negli Usa è già una realtà: per far quadrare i conti bisogna avere più lavori. Se non si invertirà la rotta, crescerà il numero cosiddetti working poors: lavorare non basterà a evitare la povertà.

L’Istat ci ha fornito una fotografia del 2020. Dato che quest’anno verranno meno i sostegni e ci sarà sblocco dei licenziamenti, avremo una situazione persino peggiore?

Il rischio c’è, perché bassa qualificazione e mancanza di lavoro, che sono stati i fattori determinanti della drammatica situazione del 2020, potrebbero non vedere miglioramenti quest’anno. È vero che ci sarà una crescita dell’economia, ma potrebbe essere una crescita con grandi buchi. Ci potrebbe essere il riassorbimento di diversi lavoratori stagionali o a termine e una contemporanea perdita di posti di lavoro a tempo indeterminato con la fine del blocco dei licenziamenti e della Cig.

Come si può fare per migliorare la situazione?

La povertà, e di conseguenza la disuguaglianza, nel 2020 è aumentata in modo sostanziale, ma dietro a questo incremento, come abbiamo detto, c’è una rete di sicurezza in parte inadeguata e in parte non ben calibrata su chi aveva bisogno, in particolare i lavoratori autonomi. Dunque occorre ridisegnare lo Stato sociale, va rinforzato sul livello pubblico, perché il privato non può sostituirlo completamente. Il lavoro è fondamentale per veder migliorare la situazione ed è importante che cresca l’occupazione femminile.

Tutti fattori da tener presente nel momento in cui si sta parlando di una riforma degli ammortizzatori sociali.

Sì, anche perché cosa pensiamo che possano consumare e quali progetti per il futuro fare tutte queste famiglie in difficoltà? Tra l’altro l’Istat ci dice che quasi la metà di esse è in affitto. Nel 2020 la compressione dei redditi ha portato a un aumento oltre il ragionevole dell’incidenza delle spese fisse delle famiglie, tra cui quelle per la casa, andando a influire negativamente su altre spese comunque necessarie. Tutto questo non va dimenticato, perché il ritorno alla normalità di cui si sta parlando in queste settimane, se non verrà fatto con attenzione, rischia di essere un altro 2020, con una situazione economica veramente disastrata.

(Lorenzo Torrisi)

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