Cos'è successo a Taiwan col referendum "contro" i parlamentari filo-cinesi del KMT: sconfitta del Presidente Lai e rischio di influenza maggiore per Pechino
COSA STA SUCCEDENDO A TAIWAN E PERCHÈ C’È STATO UN REFERENDUM SUI SEGGI PARLAMENTARI
Non è stato un “No” minimale quello emerso dai 24 distretti elettorali in cui si è tenuto il Referendum a Taiwan negli scorsi giorni: in tutti le aree dove si è votato è stato bocciato il tentativo del Presidente indipendentista Lai Ching-te di far dimettere i parlamentari del Kuomitang (KMT), il partito più filo-Cina che da tempo rappresenta una spina nel fianco per il Governo di Taipei avendo un grosso peso (ben 31 deputati) nelle dinamiche parlamentari.
Il referendum non è stato lanciato direttamente da Lai ma da un movimento civico considerato comunque molto vicino al Governo: mirava a far rimuovere appunto i 31 parlamentari del KMT in quanto accusati di ostacolare da mesi l’agenda delle leggi, mantenendo invece una politica «troppo morbida» nei confronti del regime ci Xi Jinping. Come noto, lo stato di Taiwan è a tutti gli effetti un Paese sovrano ma oggetto di mira espansionistica della Cina che invece reputa l’isola di Taipei come una propria componente territoriale che ben presto «sarà annessa».
Nelllo scacchiere internazionale l’importanza di Taiwan è cruciale nell’asset asiatico, specie perché Stati Uniti e Occidente si sono più volte spinti a difendere il Governo Lai da ogni minaccia militare ed economica di Pechino: con i risultati di questo Referendum però, l’elettorato ha di fatto respinto tutti i tentativi di rimuovere i membri del Kuomitang, che dunque resteranno al loro posto e continueranno a bloccare nei fatti l’agenda del Governo Lai.
I RISULTATI DEL REFERENDUM “BLOCCANO” IL GOVERNO DELL’INDIPENDENTISTA LAI
Le proposte del Partito Progressista Democratico (DPP) prima e dopo del voto non sono bastate per convincere i cittadini di Taiwan a votare contro i parlamentati del KMT, che tra l’altro ad oggi controllano la maggioranza del Parlamento (grazie all’alleanza con il Partito Popolare di Taiwan) in attesa delle prossime Elezioni legislative.
Secondo il Kuomitang del leader Eric Chu, il tentativo mosso dal partito del Presidente sul Referendum Taiwan 2025 è in realtà un modo molto poco democratico di bloccare il dialogo con la Cina e la libertà degli elettori che avevano regolarmente eletto i propri rappresentanti appena nel gennaio 2024: per il Governo invece il KMT da tempo viene utilizzato da Pechino per condizionare e bloccare le riforme di Taipei, sul fronte economico, sociale e legislativo.
«Non si dovrebbe cercare il dominio di un solo partito distruggendo la democrazia», lamenta ancora Chu che incassa il favore del regime cinese, con la dichiarazione del portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan, Chen Binhua. Per Pechino, l’dipendenza di Taiwan è una «avidità di un unico partito anti-democraticoı», posizione singolare da chi rappresenta un Governo – quello cinese – che per statuto annulla ogni tipo di dissenso e partito di opposizione.
Il partito di Lai incassa così la sconfitta, con il segretario generale del DPP (Lin Yu-chang) che ammette la debacle sul Referendum, «dobbiamo riflettere sul sentimento degli elettori per rispondere alle esigenze di Taiwan».