L'"allarme democrazia" di Schlein è un tentativo di arginare la centralità della Meloni. Sono manovre in vista del 2027. Ma prima ci sarà il referendum

SchleinMeloni, scontro totale”: una sintesi efficace quella del titolo del Corriere della Sera di domenica. La fotografia di un scambio di accuse gravi fra la premier e la leader dell’opposizione. Democrazia in bilico da una parte, delirio di falsità che danneggiano il Paese all’estero, dall’altra. Agli stracci che volano, le due donne che dominano oggi la scena politica italiana ci hanno abituato. Ma viene da chiedersi se oggi non vi sia di più, rispetto alla cordiale antipatia che le divide.



La risposta in estrema sintesi è che siamo ormai in piena campagna elettorale, in un Paese in cui le campagne elettorali non finiscono mai, e le sette regioni al voto in autunno lo fanno in quattro date differenti. Per capire le mosse dell’oggi la vista deve allungarsi sino alle prossime elezioni politiche, presumibilmente maggio-giugno 2027. Con una Meloni che proprio oggi, lunedì, festeggia il sorpasso sul governo Craxi 1, issandosi al terzo posto per durata fra i 68 esecutivi della storia repubblicana, sembra essere Schlein ad avviare un percorso per tentare di rompere questa egemonia.



A detta di molti osservatori internazionali il governo italiano oggi brilla per stabilità. Meloni è centrale, sia sulla scena nazionale che su quella internazionale. Con conti pubblici in ordine grazie soprattutto al lavoro silenzioso del mastino Giorgetti, la premier ha costretto la Confindustria a ridimensionare le sue critiche e persino le banche a sedere al tavolo per ragionare su un obolo quasi volontario all’erario pubblico, perché di questa stabilità hanno ampiamente goduto per fare utili.

Un quadro talmente stabile che il presidente Mattarella si è sentito in dovere di incrinare un minimo, puntando il dito contro gli squilibri salariali fra manager e dipendenti, e contro i rischi del lavoro povero.



L’imperativo al Nazareno è ben altro: mettere in crisi questo schema che vede Meloni dominante, lavorando per una sconfitta della premier su un terreno dal forte valore simbolico ma non partitico, come il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati, destinato a svolgersi nella prossima primavera.

Elly Schlein (s) con Maurizio Landini (Ansa)

Per giocarsela però Schlein ha una via obbligata: non puntare sul merito della questione, ma su una mobilitazione in difesa della Costituzione, con un crescendo di allarmi intorno alla tenuta democratica del sistema.

La leader dem spera di creare un clima da “autunno caldo”, tale da consentire una chiamata alle armi in primavera, un nuovo 1948 in difesa delle istituzioni democratiche. Una bocciatura della riforma costituzionale sulla giustizia potrebbe rappresentare il punto di svolta verso un’affermazione del campo largo alle successive elezioni politiche. È il piano già anticipato da Dario Franceschini e Francesco Boccia, davanti al quale però la Meloni non pare affatto decisa a subire.

Le reazioni veementi alle ultime uscite di Landini e di Schlein non lasciano spazio a dubbi. A Palazzo Chigi il rispondere colpo su colpo viene visto come la strategia migliore per contrastare il disegno dem.

Secondo Meloni se il clima politico dentro alle istituzioni diventerà nelle prossime settimane sempre più irrespirabile, la responsabilità dovrà cadere interamente su Schlein e i suoi. Ogni uscita polemica deve essere confutata, deve essere chiara l’irresponsabilità dell’opposizione, a confronto di una maggioranza che continua a lavorare sui problemi del Paese e a dare il suo contributo a livello internazionale.

In prospettiva già si vedono alcuni passaggi in cui questa strategia potrà essere usata, ad esempio qualora a Gaza fosse richiesto per davvero l’invio di un nostro contingente. Un campo largo diviso nel voto in parlamento sarebbe un bersaglio straordinariamente facile per la propaganda meloniana.

La premier sembra avvertita del rischio che si corre personalizzando in maniera eccessiva una consultazione referendaria, come fece Renzi nel 2016. Cercherà di evitarlo, ma si sta armando per contrastare la strategia del rischio democratico. Nelle polemiche, del resto, sa sguazzarci come e forse meglio della sua avversaria. Il problema, semmai, è per le istituzioni, dentro le quali il clima di scontro totale non promette nulla di buono.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI