La povertà assoluta è in aumento: secondo quanto raccolto dai dati Istat circa questo fenomeno nel nostro Paese, sono all’incirca 5,6 milioni gli italiani che vivono sotto la soglia di povertà assoluta, cifra drammaticamente aumentata dopo la pandemia di Coronavirus (dodici mesi prima erano 4,5 milioni). Sulle colonne del quotidiano “Avvenire”, Francesco Belletti (Cisf) si domanda quando davvero si può dire che una persona è in condizione di povertà e prova a fornire alcune risposte che esortano inevitabilmente alla riflessione.
Secondo Belletti, sarebbe possibile individuare “un livello di beni essenziali al di sotto dei quali la persona non sopravvive, in termini di minimo di cibo/calorie giornaliere, in termini di abitazione decente, o di accesso ad acqua pulita, cure sanitarie minime“. Tuttavia, secondo l’autore dell’articolo, l’elenco appena riportato pone in risalto la difficoltà di addivenire a una definizione assoluta di povertà, visto e considerato che le necessità variano anche a seconda della geografia, a seconda che si viva in un’area territoriale caratterizzata da clima mite o da un clima rigido.
POVERTÀ: CHI NON HA IL CELLULARE È POVERO?
Un altro aspetto interessante evidenziato su “Avvenire” da Belletti risiede nel confronto con le altre persone e sul possesso di uno smartphone: se non lo si ha, si è davvero poveri? Un quesito sul quale è giusto e opportuno riflettere, anche perché oggi è divenuto a tutti gli effetti uno strumento di lavoro, indispensabile anche in termini di reperibilità. Vi sono, poi, i cosiddetti “costi” di un lavoro svolto lontano da casa o del tempo dedicato alla cura di un familiare che necessita di assistenza: essi fanno spesso la differenza in materia di povertà di una famiglia.
Insomma, misurare la povertà risulta un compito arduo da espletare e, come evidenziato nel Rapporto 2020 dall’indagine del Family International Monitor, essa a livello familiare risulta essere multidimensionale e non riguarda unicamente il denaro, ma anche “il capitale culturale dei membri, la qualità e la coesione delle loro relazioni interne, la presenza di relazioni solidali esterne e il livello dei servizi di base del territorio in cui vivono”. Sono proprio le risorse non monetarie a consentire alle famiglie “povere di soldi” di resistere in condizioni difficili, quindi interventi di sostegno alle relazioni sono spesso più efficaci di interventi di contrasto alla povertà monetaria. Dunque, è importante misurare bene la povertà economica, e ovviamente combatterla, ma è altrettanto fondamentai promuovere le relazioni familiari.