In piena campagna vaccinale torna di moda il tema della riforma fiscale con le audizioni in Parlamento di Banca d’Italia e Agenzia delle Entrate. La prima ha ben chiaro che il sistema tributario italiano va riformato perché sia di sostegno alla crescita della nostra economia provata dalla crisi sanitaria e dal lungo periodo di ristagno. Centrale è l’esigenza che si attui una decisa semplificazione e razionalizzazione del quadro normativo affinché il sistema tributario possa essere percepito come equo, affidabile e trasparente sia nel Paese che all’estero. Queste ultime sono condizioni essenziali per attrarre e avviare investimenti.
È stata sottolineata la progressività dell’Irpef alterata dalla presenza di centinaia di detrazioni e di altrettante imposte sostitutive che hanno minato l’efficienza e l’equità della tassazione. Il nuovo disegno tratteggiato per il sistema tributario passa per la riforma della tassazione sulle imprese, sui redditi finanziari e sul patrimonio. È stata rievocata per la tassazione delle imprese e del lavoro autonomo una soluzione già vista con l’Imposta sul reddito d’impresa (Iri), che però fu prima rinviata e poi abrogata nel 2019. L’Iri prevedeva l’applicazione di aliquote differenziate per il reddito d’impresa “prelevato” dall’imprenditore o dai soci, assoggettato a imposta progressiva personale, e il reddito mantenuto in azienda, tassato in via proporzionale alla medesima aliquota dell’Ires. In maniera evidente è stata trattata l’Imu sottolineando la criticità che la caratterizza ovvero la necessità che si proceda all’aggiornamento dei valori catastali ai valori di mercato. L’Imu, senza la revisione delle rendite catastali, accentua le disuguaglianze riservando un trattamento più favorevole ai proprietari di immobili localizzati in zone più centrali, con rendite meno aggiornate, e una penalizzazione per i proprietari di immobili di più recente costruzione. Viene sottolineata come un’anomalia la non applicazione dell’Imu alle abitazioni principali. La proposta di reintrodurre la tassazione della prima casa non appare una soluzione, ma forse maschera la volontà di introdurre una patrimoniale diffusa e stabile senza avere il coraggio di dirlo. Vista la proprietà diffusa della casa dove si vive non pare sia equo riparlarne.
L’AdE nella sua audizione in tema di riforma fiscale ha sottolineato il ruolo centrale del Parlamento sopendo, in questo modo, i dubbi di questi mesi di chi le addebitava la volontà di voler travalicare il proprio ruolo. Ritornando alla proposta tratteggiata è stato posto l’accento sulla preferenza per l’introduzione di una tassazione alla tedesca in base al quale l’imposta lorda sia calcolata in base a una formula matematica. Per le imprese e il lavoro autonomo viene proposta la tassazione per cassa riprendendo un’indicazione fornita da Ezio Vanoni oltre 70 anni fa e viene esaltato il ruolo del fisco telematico e delle dichiarazioni pre-compilate.
Innovativo è il ruolo richiesto per le agenzie fiscali. Viene auspicato il riconoscimento di un loro certo grado di autonomia sottolineando che non è una richiesta di indipendenza, ma una risposta all’esigenza di avere una gestione improntata a efficienza, che riempia lo “spazio” fra obiettivi predeterminati, a monte, e verifica dei risultati conseguiti, a valle, in un quadro chiaro di responsabilizzazione amministrativa. Dunque poco interesse per i temi di equità e molta intenzione di essere operativi contro l’evasione fiscale.
In questo quadro si innesta l’intervento della Cgia di Mestre, avvenuto al di fuori del Parlamento, che ha sottolineato come gli sprechi nella Pa valgono il doppio dell’evasione fiscale per cui nel rapporto “dare-avere” tra lo Stato e il contribuente a rimetterci è quest’ultimo. Supporterebbero queste conclusioni, non scientifiche come sottolineato dalla Cgia, alcuni studi molto autorevoli che quantificano il danno economico per i contribuenti italiani in oltre 200 miliardi di euro all’anno. Un importo quasi doppio rispetto alla stima dell’evasione. La conclusione non è banale e non trova sponda nell’opinione pubblica che ha una forte sensibilità verso il tema dell’evasione e meno per le inefficienze della nostra macchina amministrativa.
L’aspetto interessante del nuovo metodo di trattare la riforma del sistema fiscale è la funzione attribuita al Parlamento, per così dire, di “decantazione” delle proposte, di sintesi fra le legittime istanze dei cittadini e i vincoli di sistema. Perché allora non coinvolgere le parti sociali e approfittare del momento di crisi per fare un buon lavoro? Oggi in piena crisi economica la proposta di un Governo di unità nazionale può essere la soluzione per una riforma che non sia la riforma di una parte.