RIFORMA PA/ L’illusione del telelavoro spacciato per smart working
Si parla tanto di smart working nella Pubblica amministrazione, ma è chiaro a tutti che occorre aumentare efficienza ed efficacia dei servizi

L’impatto della pandemia si sta attenuando. Anche senza inseguire le notizie, ancora contraddittorie, che vengono dalle sempre più approfondite ricerche epidemiologiche, appare chiaro che stanno diminuendo sia i contagi che la gravità dei loro effetti. Queste notizie positive, il ritorno al lavoro per molte professioni che erano state chiuse e l’avvicinarsi della stagione delle ferie, fanno emergere un sentimento ottimistico e le prime riflessioni su come favorire una ripresa di normalità.
Il blocco delle frequentazioni sociali e le chiusure delle attività economiche che hanno caratterizzato la fase del distanziamento fisico si sono attenuate. Molte attività primarie non hanno però ancora ripreso a funzionare normalmente e ciò ha riflessi sul tessuto economico dei nostri territori.
Nonostante si siano rimessi in funzione molti lavori, ancora adesso quasi tutti quelli relativi al terziario e d’ufficio delle grandi società e della Pubblica amministrazione sono svolti a distanza o con riprese parziali. Se nella fase di blocco totale non si poteva parlare di smart working e sfide innovative senza guardare agli effetti e ai risultati del telelavoro generalizzato, oggi emergono molti problemi e iniziano a cogliersi i ritardi e le storture che caratterizzano molti settori pubblici e privati.
Il prezzo maggiore è stato pagato sicuramente dagli studenti di ogni ordine e grado. Il ritardo e l’approssimazione con cui si cerca di predisporre le regole per la riapertura delle scuole indica come non vi sia coscienza dell’importanza che il rapporto diretto fra docente e discente ha nelle fasi formative ed educative. E ciò vale dalla scuola materna alle aule universitarie. Lasciare per ultima la scuola nelle priorità delle scelte fatte e negli investimenti decisi è un brutto segnale per come ci prepariamo a programmare la spesa futura.
Il telelavoro e non lo smart working è stato il tratto caratteristico del lavoro svolto a casa. Organizzazione dei processi produttivi arretrata, assenza di strumenti e di tecnologie che permettessero di produrre assieme e meglio del lavoro di ufficio, indecisione nel riorganizzare i servizi, hanno fatto emergere, e oggi è sotto gli occhi di tutti, come non siamo in grado di assicurare i servizi in modo innovativo. Basta passare davanti a un ufficio postale o bancario e vedere le code di gente sui marciapiedi in attesa di poter chiedere allo sportello un banale servizio per capire che tecnologia e organizzazione sono ancora lontane dall’offrire risposte ai bisogni che si sono rimessi in moto.
Il tema colpisce in modo particolare la Pubblica amministrazione che non è riuscita ad assicurare la stessa produttività nel fornire documenti e certificati in questo periodo. Non si tratta di denunciare uno scarso impegno o di difendere i lavoratori a prescindere dai risultati. Per i servizi pubblici, ma la riflessione vale anche per le grandi organizzazioni terziarie private, la fase di telelavoro ha fatto emergere come vi sono settori di personale che sono stati sovrautilizzati e personale poco qualificato che non è stato coinvolto e quindi lasciato ai margini per un lungo periodo.
Questa polarizzazione, già esistente nelle grandi strutture, è stata accentuata nella fase di chiusura e si è accresciuta una polarizzazione fra competenze, impegno e produttività che induce a riflettere sull’urgenza di interventi di riorganizzazione. Se non vogliamo che la riorganizzazione assuma la forma di diminuire i posti di lavoro con l’espulsione o esternalizzazione delle funzioni meno qualificate, vi è bisogno di un ridisegno delle mansioni, un programma di formazione per la qualificazione di nuove competenze e investimenti in nuove tecnologie per servizi 4.0.
Ha ragione il Sindaco di Milano a dire che è ora di uscire di casa e tornare a riempire gli uffici. Vale per gli uffici comunali, ma è bene che questo esempio sia seguito dalle grandi imprese dei servizi e del terziario. È un bene per ripopolare i territori e rimettere in moto i consumi. Ma ciò che è indispensabile fare con la ripartenza dei servizi è un grande impegno per la crescita della produttività.
Forte digitalizzazione, blockchain e intelligenza artificiale sono essenziali per avviare un grande cambiamento e un aumento di efficienza ed efficacia nei servizi pubblici. Scuola, università, sanità e anche traffico e ordine pubblico possono avere dall’applicazione delle nuove tecnologie un salto di qualità rendendo le nostre città più vivibili e sostenibili.
L’applicazione di nuovi modelli organizzativi apre nuove possibilità per competenze nuove nel terziario. Non più solo esperti amministrativi ma ingegneri, matematici, sociologi, economisti. Servono sempre più competenze organizzative e manageriali per cambiare i servizi, aumentare la disintermediazione della Pa e avviare un piano di modernizzazione utile per tutti.
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