La riforma pensioni 2026 dovrebbe rivoluzionare l'intero sistema, sempre più critico e soprattutto penalizzante.
I requisiti minimi per le pensioni 2026 saranno sempre più restrittivi. Per l’uscita anticipata occorreranno molte più risorse finanziarie rispetto a quelle attuali, visto anche che non sarà semplice cumulare un gran numero di contributi previdenziali.
Secondo il segretario Biondo ad esempio, l’attuale sistema previdenziale comporterà dei cedolini futuri da fame. Ma non solo, perché anche le discontinuità lavorative creano dei gap contributivi (con uscite più ritardate).
Come saranno le pensioni 2026?
La riforma pensioni 2026 è contrastata dalle misure di pensionamento necessarie per maturare le condizioni utili ad ottenere lo stato di quiescenza. La criticità più grande è legata al sistema contributivo, che richiede un numero specifico di anni da versare alle casse dell’INPS.
Dunque un lavoratore che ha pagato pochi contributi e ha fatto più part time che full time, non può aspettarsi delle grandi cifre sul cedolino, e né tanto meno potrebbe contare sull’uscita anticipata (ma accontentarsi della vecchiaia).
Quel che importa – e che si renderà significativo – sarà la capacità di raggiungere il trattamento minimo dell’associale sociale. Attenzione però anche al superamento di quest’ultima cifra, che contrariamente a quel che si possa pensare potrebbe comportare una penalizzazione importante.
Pensioni, prospettive per il 2026
L’anno prossimo la rivalutazione previdenziale potrebbe esser più gravosa. L’impegno più sostanziale deriverà dalle donne e dagli uomini che non hanno figli, con l’obiettivo di maturare l’assegno sociale per una cifra pari ad almeno 3 volte (con i dati attuali parleremmo di 1.643€ mensili).
Per le donne che invece avranno un figlio la richiesta minima è inferiore a quella sopra evidenziata, ovvero occorrerà ottenere un assegno pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale, che corrisponde a 19.942€ annui e 1.534€ al mese.
Un’ulteriore riduzione si otterrà con la presenza di 2 o più figli (sempre a favore delle donne), dove basterà totalizzare 1.424€ al mese (in questo caso si parla di 2,6 volte l’assegno).
Né le attuali agevolazioni e neppure l’abbassamento della rivalutazione straordinaria potrebbe far da salvagente, dato che la capacità economica resta sempre un nodo da dover sciogliere.