In vista della manovra non si sa ancora se ci sarà un intervento per bloccare l'aumento dei requisiti pensionistici in base all'aspettativa di vita
In Francia, la questione delle pensioni pende come una spada di Damocle sulla possibilità di formare un Governo che sia in grado di far approvare la legge di bilancio per il 2026. Il Premier Lecornu si è spinto fino a proporre una sospensione della riforma Macron/Borne, ma pare che questa mossa non basti e che, soprattutto dalla sinistra, arrivi il diktat della sua abolizione. Un po’ come si diceva da noi riguardo la cancellazione della Legge Fornero. Poi, si sa, da noi le cose si sistemano anche con la Lega al Governo. Come diceva Ennio Flaiano, “In Italia non si può fare la rivoluzione perché ci conosciamo tutti”.
Così dopo alcuni anni di follia sul saliscendi delle quote, è toccato proprio a un Governo di centrodestra con un esponente autorevole del Carroccio al Mef recuperare ciò che restava della riforma del 2011 e rimetterlo sui binari, adottando nel medesimo tempo misure (come Quota 103 e la manipolazione di Opzione donna) che disincentivavano l’anticipo della pensione.
In vista della prossima Legge di bilancio è riemerso il tema dell’età pensionabile, dal momento che il blocco a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a un anno in meno per le donne come requisiti per in trattamento anticipato è stato fatto scadere quest’anno.
Per fortuna nel 2025-2026 non si è riscontrato un incremento dell’aspettativa di vita tale da far scattare il meccanismo che per legge non può essere superiore, in nessun caso, a tre mesi. Le previsioni demografiche, invece, annunciano che lo scatto dovrebbe maturare nel biennio 2027-2028. E pertanto è cominciata a correre la parola d’ordine del “no all’aumento dell’età pensionabile” con la richiesta di rimettere in freezer quella norma e lasciarcela fino a tirare le cuoia.
Solo che si tratta di un muro portante – a detta di tutti – della sostenibilità del sistema, tanto che i suoi effetti sono già inglobati nelle proiezioni a lungo termine della Ragioneria generale dello Stato e dell’Inps. La maggioranza, allora, sta studiando delle alternative che ricordano la barzelletta del maialino con una gamba di legno perché i contadini gli erano tanto affezionati da mangiarlo poco per volta.
Gli sherpa della maggioranza lavorano su tre possibili soluzioni o su un mix di esse: escludere solo alcune categorie dall’adeguamento periodico dei requisiti (si parla degli addetti a mansioni usuranti e dei c.d. precoci ovvero coloro che hanno maturato almeno un anno di contribuzione prima dei 19 anni di età); escludere chi avrà già raggiunto nel 2027 un’età anagrafica ritenuta congrua (si dice 64 anni); infine, un aumento graduale (un mese in più nel 2027, un altro mese in più nel 2028 e un altro ancora nel 2029).
Tutto chiaro, salvo una domanda: queste misure ce le ha ordinate un medico? No? E allora chi ce le fa fare? Non è da escludere che ci sia qualcuno che pensa occorra seguire l’esempio della Francia, dove il Presidente Macron è disponibile ad autorizzare a una marcia indietro su misure previdenziali meno rigorose di quelle vigenti da tempo da noi. Misure molto osteggiate dai sindacati d’Oltralpe arrivati a bloccare le attività per impedire i tentativi di riforma. Noi, in Italia, siamo riusciti ad uniformare i trattamenti anche con l’impegno dei sindacati. Ma erano altri tempi.
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