Giorgia Meloni smentisce le certezze sulle decisioni della prossima riforma pensioni 2026, in particolar modo sul blocco dell'età.
Giorgia Meloni ha recentemente risposto alle perplessità sulla riforma pensioni 2026, chiarendo quali potrebbero essere le soluzioni da mettere in atto nel prossimo Bilancio. Si discuterà sull’età pensionabile, e cosa accadrebbe qualora non venissero messi dei limiti.
Al momento si stima che i contribuenti vicini al pensionamento, potrebbero (nel 2027), uscire dal lavoro maturando 3 mensilità di contributi in più, e questo a causa dell’adeguamento sulle aspettative di vita (così come previsto dalle analisi ISTAT).
La “verità” sulla riforma pensioni 2026 secondo Meloni

La Premier Meloni è intervenuta da New York esponendo le sue idee sulla riforma pensioni 2026, e in particolar modo invitando alla prudenza sul tanto discusso “congelamento” dell’età con cui i cittadini potranno andare in pensione. Abbiamo discusso sui rischi di questa scelta, ma la Lega insiste nel “blocco”.
La volontà al riguardo è stata espressa in particolar modo da Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, poi quasi “smentita” dal nostro Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, che ha lanciato una provocazione chiara: “alcuni partiti politici credono di essere in campagna elettorale, e si azzardano ad illudere su soluzioni ancora neppure ipotizzate o discusse“.
La Premier raccomanda ai politi di non esporsi eccessivamente, altrimenti si corre il rischio di promettere ciò che non si può, proprio come i fatidici 1.000€ destinati alle pensioni minime (e oggi si fatica già a promettere quasi 800€ mensili).
Ipotesi congelamento età pensionabile a rischio
Per avere queste certezze non possiamo far altro che attendere la pubblicazione della prossima manovra di Bilancio, prevista per metà ottobre, dove si potranno evincere le effettive possibilità proporzionate al budget dell’Erario.
Sicuramente qualora il Governo non riuscisse – per svariati motivi – a fermare l’incremento dell’età con cui andare in pensione, le ripercussioni si appurerebbero non solo sul cedolino ordinario (al momento prevedendo un rialzo di 3 mensilità), ma anche sulla contribuzione minima da dover versare.
Vediamo un quadro generale dei potenziali rischi percorribili:
- Cedolino previdenziale contributivo: in assenza dei vent’anni di contribuzione l’età anagrafica sarebbe pari a 71 anni e 3 mesi in più.
- Uscita anticipata: aumento generale dei contributi, sia per le donne (42 anni e una mensilità), sia per gli uomini (43 anni e una mensilità), ma anche per chi rientrerebbe nella Quota 41 (41 anni e tre mensilità).
- Pensionamento pienamente contributivo: 25 anni di contributi versati, 64 anni 3 mesi d’età anagrafica e cedolino minimo corrispondente ad almeno 3 volte il trattamento sociale.
Laddove restassero, le misure temporanee come Opzione Donna, Quota 103 e l’Ape Sociale non subirebbero variazioni.
