RIPRESA?/ Fortis: ecco perché l’Italia volerà nel 2022

- int. Marco Fortis

Non mancano nubi all'orizzonte, ma l'Italia sembra proiettata verso una crescita dell'economia che avrà un importante vigore anche nel 2022

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Dagli indici di fiducia di consumatori e imprese diffusi ieri dall’Istat arrivano nuovi segnali positivi per l’economia italiana dopo l’ennesima previsione al rialzo sul Pil del 2021, giunta questa volta dal Fondo monetario internazionale. Non mancano, tuttavia, come ricorda Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, alcune nubi all’orizzonte, “essenzialmente due: una possibile recrudescenza della pandemia e il timore circa la scarsità di beni nelle catene di approvvigionamenti che può portare a fiammate inflattive. Si tratta di due fattori che possono anche essere concatenati tra loro, nel senso che in caso di una nuova forte ondata di contagi potrebbero esserci lockdown o limitazioni alle attività nei Paesi fornitori di materie prime e semilavorati in grado di generare strozzature sul lato dell’offerta”.

Quanto dobbiamo temere queste nubi all’orizzonte?

Io rimango ottimista guardando anche agli indicatori compositi che l’Economist pubblica sul proprio sito. Per il nostro Paese si parla di un crescita del 5% quest’anno e del 4,4% il prossimo. Non siamo quindi in presenza di un rimbalzo, ma di un trend di sviluppo nel medio periodo importante. Con riferimento al 2022, tra i Paesi del G8 siamo secondi solo alla Gran Bretagna (+5,6%), che però ancora deve fare i conti con il pieno impatto della Brexit. Nel G20 siamo quinti per tasso di crescita, mentre se guardiamo ai membri dell’Ocse siamo sesti su 33 Paesi.

Come si spiega questa performance del nostro Paese?

Principalmente grazie a tre fattori. Il primo è la robustezza dell’economia, che prima del Covid era in condizioni eccellenti che non sono state spazzate via dalla pandemia. Il secondo è la convinzione che il Pnrr potrà dispiegare un grande potenziale di sviluppo non tanto quest’anno, quanto nel 2022. Infine, c’è ancora un effetto fiducia nel Governo Draghi. Questi fattori permettono di nutrire un certo ottimismo, fermi restando gli elementi di incertezza con cui dobbiamo convivere. In questo frangente possiamo anche contare sulla forza dell’export e del settore delle costruzioni che, a prescindere dalle opere pubbliche, non è andato mai così bene in Italia come negli ultimi 24 mesi. Ci sono quindi alcuni componenti del Pil, sia dal lato della domanda che dell’offerta, per i quali si registra un vigore significativo.

Il Centro Studi di Confindustria ha parlato però di rischi di raffreddamento dell’attività economica, specie nel turismo, anche perché siamo in piena estate.

È chiaro che i problemi di recrudescenza dei contagi, legati a eventuali rallentamenti nelle aperture e a ostacoli nelle possibilità di spostamento, possono influire negativamente. In questo senso siamo nelle mani della pandemia e anche in parte delle nostre azioni per contenerla. Mi sembra però di non vedere al momento elementi preoccupanti per quanto concerne il turismo. Il potenziale di rischio recrudescenza della pandemia non è eliminato completamente, ma le condizioni del 2021 appaiono in tutti i settori, turismo compreso, incomparabilmente superiori a quelle del 2020.

Ci sono però categorie, specie nel settore della ristorazione, che evidenziano i problemi che potrebbero derivare dall’utilizzo del green pass dal prossimo 6 agosto.

Sono timori rispetto a delle condizioni che si vorrebbero oggi ottimali. Purtroppo però siamo ancora nella fase immediatamente successiva al picco della pandemia. Non sarei comunque così preoccupato anche perché non siamo di fronte a una popolazione totalmente sprovvista di capacità di reazione di fronte all’introduzione di uno strumento di questo tipo. Certamente qualche problema per alcune tipologie di locali si potrà presentare, ma non mi sembra che questo bloccherà in maniera importante il rilancio delle attività di socializzazione, del turismo nel corso di questa estate.

Che dire invece dei timori, ribaditi anche dal ministro Cingolani, sugli effetti del piano europeo di riduzione della CO2 sulla nostra industria?

Abbiamo già visto che su queste tematiche spesso l’Europa fa dei passi in avanti un po’ azzardati buttando il cuore oltre l’ostacolo, ma la cautela in questo caso è più che d’obbligo. Ci sono industrie energivore nel nostro Paese, come quella della ceramica che per qualità è la più importante al mondo, che per le loro caratteristiche non possono certo immaginare di funzionare a biogas o con l’eolico. Non si tratta certamente di sottovalutare gli obiettivi di transizione ecologica che sono fondamentali, ma di trovare soluzioni perché questa transizione sia a misura d’impresa. Si possono creare fondi per sostenere questa riconversione e intervenire settore per settore, caso per caso, valutando dove applicare degli obiettivi molto rigorosi e dove invece assumere un atteggiamento più razionale, di tutela anche di patrimoni produttivi e tecnologici che l’Europa possiede, alcune nicchie come per esempio la Motor Valley.

(Lorenzo Torrisi)

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