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Home » Economia e Finanza » RIPRESA?/ I tre pilastri per tornare a crescere

  • Economia e Finanza

RIPRESA?/ I tre pilastri per tornare a crescere

Alfonso Ruffo
Pubblicato 4 Gennaio 2020
Operaio_Cantiere_Edilizia_Lapresse

(LaPresse)

Rimettere in equilibrio Stato, Mercato e Democrazia non sarà facile, ma l'Italia ha bisogno di questi tre pilastri per crescere

Una democrazia capace di esprimere proprie leggi invece di farsele imporre da forza a esse esterne; uno Stato ben funzionante e non invasivo; un mercato libero e competitivo che contribuisca al miglioramento della convivenza civile: tutto questo allo scopo di ripristinare l’equilibrio perduto tra le istituzioni di base del sistema delle libertà individuali e cioè di Stato, Mercato e Democrazia.


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Si chiude così il testo di accompagnamento al volume “Dalla fine del laissez-faire alla fine della liberal-democrazia” scritto da Paola Savona e pubblicato da Rubbettino nel marzo 2016.

Da quel momento sono passati quasi quattro anni durante i quali l’Italia ha sperimentato, in ordine di tempo, i governi democratici di Matteo Renzi e Roberto Gentiloni cui sono succeduti, dopo un robusto rimescolamento delle carte elettorali, i due esecutivi di Giuseppe Conte: il primo alla testa di una coalizione giallo-verde (5Stelle e Lega), il secondo alla guida di un’alleanza giallo-rossa (5Stelle e Pd).


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Che c’entra il libro di Savona – oggi alla presidenza della Consob dopo essersi dannato per qualche mese come ministro degli Affari europei – con quello che è successo dalla sua messa in circolazione a oggi? C’entra, perché è accaduto esattamente il contrario di quanto auspicato: lo Stato è diventato più invasivo che mai, soprattutto nei campi della giustizia e dell’economia, il Mercato è visto con sospetto crescente per i fallimenti che ha subìto senza mai potersi esprimere al meglio, la Democrazia è sempre più vissuta come un ingombro per la manifesta incapacità di trovare risposte efficienti ed efficaci ai problemi di cittadini che si sentono traditi e abbandonati.


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Certo, ci sono le lodevoli eccezioni di cui ha parlato nel messaggio di fine anno il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e vale oro l’invito rivolto a tutti gli italiani a coltivare i sensi della fiducia, della speranza e della responsabilità. Ma non possiamo negare che i sentimenti largamente dominanti siano invece condizionati dalle opposte qualità: sfiducia, rassegnazione e una buona dose d’irresponsabilità.

E abbiamo potuto constatare come tutti i commentatori che si sono esercitati a riassumere i termini della situazione a cavallo del vecchio e del nuovo anno abbiano rimarcato che cresciamo meno di tutti i nostri partner europei, che la produttività del sistema è al palo, che deficit e debito aumentano più del dovuto mentre il lavoro, in particolare quello giovanile, continua a latitare. Tutto questo nonostante il Paese abbia buone pedine da giocare sullo scacchiere internazionale e che il resto del mondo ci attribuisca doti e capacità che non immaginiamo più di possedere. Ci siamo talmente persi nel labirinto delle nostre insoddisfazioni da aver perso lo smalto intellettuale e di laboriosità per il quale siamo stati ammirati in passato.

Siamo, sì, i nipotini di Leonardo, Dante e compagnia bella, ma più che emularne i primati ci limitiamo a ricordarne i fasti senza essere in grado di riprodurli. Siamo ancora un grande popolo, ricco e rispettato, ma caduto in depressione. E così impaurito del futuro da preferire spartirsi il patrimonio accumulato, come se non ci fosse un domani, invece che provare a incrementarlo.

Rimettere in equilibrio Stato, Mercato e Democrazia non sarà facile, ma senza il sostegno di questi tre pilastri nessuna società occidentale potrà conservare la prospettiva di prosperare nel contesto libero e liberale che ci siamo guadagnati al costo di molti sacrifici e grazie a scelte intelligenti che abbiamo saputo compiere.


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