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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » INFLAZIONE/ L’analisi su oro e petrolio che lascia tranquille le banche centrali

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INFLAZIONE/ L’analisi su oro e petrolio che lascia tranquille le banche centrali

Giovanni Ricci
Pubblicato 10 Giugno 2021 - Aggiornato alle ore 07:08
(Pixabay)

(Pixabay)

Le banche centrali per constatare l'entrata a piedi pari in un periodo inflattivo attendono lo svolgersi dei prezzi delle due materie prime regine, oro e petrolio

Per procedere a illustrare in modo analitico uno degli aspetti più importanti del fenomeno inflattivo, a dirsi cioè di come le materie prime svolgano la loro funzione nell’innescarla e nel farla alimentare (l’inflazione), giova sottolineare un aspetto rinveniente dal precedente articolo: come si costruisce l’indice inflattivo.


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Il perché di questa sottolineatura risiede nel fatto che più è alto il valore del tasso d’inflazione, più la relativa varianza aumenta in maniera esponenziale; ad esempio, a tassi inflattivi del 15-18% annuo, dall’attuale 1,5-2% annuo (indicativo e registrato lo scorso anno nelle maggiori economie), la varianza invece che aumentare di 7-8 volte, aumenterebbe di 40-50, e tutto questo perché i vari settori produttivi farebbero usi con intensità diversissime delle varie materie prime impiegate nei numerosissimi processi produttivi.


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Oramai, è notizia diffusa che c’è una spinta all’aumento dei prezzi un po’ per tutte le materie prime e con incrementi diversi; i vari aumenti di prezzo vanno dalle 2 alle 3 cifre percentuali: ad esempio, per il rame che tocca quasi i 5 dollari a libbra si può già parlare di un aumento dall’anno scorso di circa il 300% effettivo; ma poi abbiamo la notizia dei futures del mercato del legno da costruzione negli Stati Uniti con incrementi percentuali identici; e poi il grano con punte del 70% circa, e il palladio col 100% e si può continuare a lungo. Insomma, c’è pressione in questo momento sul lato prezzi delle materie prime, e inoltre se quei tassi di aumento si dovessero verificare sic et sempliciter sul resto dell’economia andrebbe tutto a bancarotta (i tassi prima evidenziati sono da iper-inflazione e in tale contesto le autorità monetarie non avrebbero più alcun poter di intervento, in tali contesti solo interventi legislativi di natura parlamentare e duri assai avrebbero effetto; ad esempio, un’imposta gigante patrimoniale).


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Però, nonostante tutti questi fuochi sparsi, soprattutto le banche centrali dei maggiori Paesi industrializzati (tra i massimi operatori di tutto il sistema economico e finanziario globale, nonché vertice di autorità pubbliche), ostentano calma e rassicurazione: le fiammate sono episodiche e transitorie, e andranno via per forza inerziale; va ricordato che in relazione all’inflazione, il concetto di evento temporaneo per una banca centrale ha a che fare con un periodo di 12 mesi o se proprio si vuole estremizzare di 20-24 mesi.

Dunque, perché questo atteggiamento in aperto (ora) contrappunto con tanta stampa specializzata e anche con l’animus di tante categorie economiche? La risposta nella sua essenzialità è semplicissima: le banche centrali per constatare l’entrata a piedi pari in un periodo inflattivo – a dirsi cioè superiore al 5% annuo e non transitorio, quindi comunque superiore ai 2 anni – attendono lo svolgersi dei prezzi delle due materie prime regine, una anticipatrice dell’inizio vero dell’inflazione effettiva, e l’altra certificatrice dell’instaurarsi non temporaneo dell’inflazione, parliamo cioè del barile di petrolio e dell’oncia d’oro.

Il prezzo del barile del petrolio Wti è attualmente intorno ai 63 dollari al barile, che altro non è che il valore del barile prima dello scoppio della pandemia da Covid-19 e con inflazione attorno/sotto all’1% per i maggiori Paesi occidentali; discorso diverso per l’oro che navigava intorno ai 1.200 dollari all’oncia. Obiettivamente, c’è una forte discrepanza tra questi due prezzi: l’uno, il barile di petrolio di fatto stabile, l’altro quello dell’oro che si è incrementato di circa il 30-35%.

Tocca però prestare molta attenzione alle cose dette prima: le banche centrali considerano variabile di assoluta coerenza il movimento parallelo e sincrono del prezzo delle due materie, è cioè l’aumento coordinato delle due che diventa variabile di controllo, mentre i movimenti sfasati e non sincroni delle stesse (petrolio e oro, l’una ex ante, l’altra ex post), vengono letti dalle banche centrali come presenza di molta speculazione di attesa sui mercati.

Pertanto, lo si ribadisce: il timing è centrale nella valutazione di questa variabile articolata (prezzo barile petrolio e prezzo oncia d’oro), cioè, l’oro non può fare da anticipatore: sarebbe falsa la variazione, non effettiva ma speculativa; e in effetti, a parere dello scrivente c’è un’enorme speculazione sull’oro, solo che non si sa al momento quale sia la direzione corretta: un aumento o un ribasso. Per comprenderlo dobbiamo tornare al petrolio e analizzare più in profondità l’utilizzo di questa materia prima ai giorni attuali; quindi dato 100 il consumo globale annuo di energia in tutto il pianeta terra, al 2021 circa l’80-83% viene dall’utilizzo dei combustibili fossili, e cioè petrolio, carbone e gas; inoltre, la quota parte dell’utilizzo di petrolio sul 100 annuo planetario è pari a 34,30 per il carbone, 20 circa per il gas, il restante 16-18% proviene dalle energie verdi e nucleari. Ancora: ai consumi attuali si utilizzano circa 89 milioni di barili di petrolio al giorno in tutto il mondo (il barile è pari a circa 155 litri), infatti, nel punto più oscuro di blocco mondiale causato dal Covid-19, il consumo di petrolio è sceso a circa 83 milioni di barili al giorno, e chiaramente ognuno potrà ricordare l’abbattimento dei prezzi fino a 20 dollari al barile, con fenomeni di prezzo sui futures fuori dalla logica economica.

In più chiare lettere, non solo il petrolio è ancora oggi di gran lunga la materia prima maggiormente utilizzata per la produzione di energia, ma addirittura a un certo livello il suo utilizzo è rigido, non passibile di variazioni; cerchiamo di spiegare meglio quest’ultimo assunto: mentre il petrolio potrebbe comodamente sostituire carbone e gas, il carbone e gas non sono ancora tutt’oggi in grado di sostituire del tutto il petrolio: si pensi alle auto, agli aerei, alle navi , ecc. Certamente, rispetto a 50 anni fa, si è avuta una rivoluzione tecnologica tale che si è potuto abbattere del 60-65 % l’uso del petrolio tramite la sostituzione da parte di gas e carbone.

Non è inutile ricordare che le due più gravi crisi inflattive che l’Occidente ha dovuto sperimentare dopo la Seconda guerra mondiale sono state dovute a i due grandi shocks petroliferi del 1973 e del 1981 (crisi di Suez, tensioni Iran-Stati Uniti ); a causa di quei due shocks l’inflazione nei maggiori Paesi occidentali raggiunse punte anche del 15% annuo e fu duratura perché prima di tornare sotto il 5% passarono sei o sette anni; tra le altre cose, in quel periodo diventarono altissimi anche i tassi di interessi reali (cosa che sembra scomparsa dal mondo attuale che stiamo vivendo). L’oro aumentò in capo a soli dieci anni anche di 10-12 volte (il 1.000-1.200%).

Fu proprio grazie alle crisi petrolifere degli anni ’70 che l’Occidente mise mano a uno sviluppo tecnologico tale da sostituire per i 2/3 l’uso di petrolio; aspetto, però, contrastante oggigiorno, è che di tutti i combustili fossili il petrolio è quello che di gran lunga (rispetto a carbone e gas) rilascia minori quantità di gas serra; non c’è che dire, la realtà è beffarda!

Va però ricordato che se in questo momento si decidesse a livello mondiale di usare solo petrolio e non più carbone e gas, è facile ipotizzare che in 25-30 anni il petrolio estraibile con l’attuale tecnologia andrebbe esaurito. In parole povere, a dati odierni l’utilizzo combinato e ai livelli attuali e con la tecnologia oggi esistente dei tre combustibili fossili (petrolio, carbone e gas), garantisce energia all’economia del pianeta terra per circa 120-130 anni; mentre per lo shale gas si ipotizza addirittura a tecnologia oggi utilizzabile una durata di 500-600 anni (Cina, Stati Uniti e Russia i maggiori e quasi totali detentori di questa risorsa).

È da tutte le considerazioni di cui sopra il motivo dell’atteggiamento calmo e vigilante delle banche centrali: tranne oro e petrolio (per motivi diversi), qualsiasi materia prima è producibile in differenti modi, oppure per un differente genere se non si potesse lo stesso specimen, e quindi eventuali pressioni dei prezzi su questa o l’altra risorsa non hanno il carattere certificativo della presenza di inflazione.

Fuori da questo intervento e in altra analisi si deve procedere a comprendere lo stato dell’arte attuale dell’acqua potabile e quindi in modo diretto e indiretto quello delle materie agricole.

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Tags: Inflazione

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