Il risiko bancario italiano che in questi giorni entra ulteriormente nel vivo con l’offerta di Mps su Mediobanca non ha un corrispettivo europeo. Quanto sta accadendo in Italia è un unicum nel panorama continentale. In uno dei Paesi più simile al nostro, la Spagna, in questi mesi si assiste alla saga BBVA-Banco Sabadell. BBVA ha lanciato un’offerta non concordata sulla più piccola Sabadell che si è arenata per l’opposizione del Governo spagnolo. In questo caso l’ostilità di Madrid non deriva dalla preferenza per un disegno alternativo con altri soggetti come protagonisti. Il primo ministro spagnolo Sánchez tre giorni fa spiegava le proprie ragioni da Davos: “In Spagna abbiamo un grande numero di Pmi”. Sabadell ha una delle maggiori quote di mercato tra le piccole e medie imprese spagnole e il Governo, in questo caso, vuole assicurarsi che queste realtà continuino ad avere accesso al credito. Evidentemente il consolidamento e la creazione di gruppi troppo grandi e troppo esposti ai “mercati finanziari globali” vengono considerati con sospetto a prescindere dagli attori. Sabadell ha anche una forte connotazione regionale e per questo le autorità della Catalogna sono particolarmente coinvolte dal tentativo di consolidamento.
Mentre si fanno i conti sui pacchetti di controllo della grande finanza italiana, sulle sinergie, i buyback e i ritorni degli azionisti, in Italia si assume aprioristicamente che grandi banche “più efficienti” siano intrinsecamente migliori per il sistema. Dal 2006 in poi le crisi bancarie non hanno risparmiato né le piccole banche, né le più grandi e solo due anni fa l’Europa ha assistito al salvataggio di Credit Suisse che tutto era tranne che una banca regionale. Il Vecchio continente oggi attraversa una fase particolare e il suo sistema industriale affronta una crisi strutturale. Questo è sicuramente vero per l’industria italiana oggi alle prese con due novità assolute: una crisi energetica di cui non si vede la fine e non risolvibile dentro i binari del green, e un’involuzione dei rapporti internazionali verso guerre commerciali più o meno esplicite.
Dal punto di vista della grande finanza, l’Europa e l’Italia sono l’ultimo posto in cui bisognerebbe investire. Non c’è solo l’America, perché in Europa oggi la Spagna può offrire condizioni uniche grazie a un prezzo dell’elettricità ai minimi del continente; un successo reso possibile dal nucleare, dalla più alta capacità di rigassificazione del continente e da un territorio particolarmente favorevole per le rinnovabili. La Spagna si preoccupa che il suo sistema bancario continui a essere in grado di parlare con le Pmi e vede con sospetto qualunque operazione possa peggiorare il quadro. Questo è tanto più necessario in uno scenario di tassi strutturalmente più alti.
Di tutto questo in Italia non si parla. Il consolidamento bancario procede in grande stile e la disponibilità di credito per le imprese viene data per scontata. Viene dato anche per scontato che i risparmi degli italiani, una delle più grandi “ricchezze” del Paese, siano inesauribili e sufficienti per qualsiasi esigenza. C’è da dubitarne, e bisognerebbe tutelare questa ricchezza, perché minore crescita economica, inflazione e tassi alti la rendono una risorsa scarsa e deperibile.
Finita questa fase di risiko e consolidamento si faranno i conti e si scoprirà se il sistema-Paese è più o meno forte di prima. Correggere eventuali errori sarebbe complicatissimo.
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