Rivalutazione pensione con prime stime esose. Il Governo ha evidenziato il budget necessario di diversi miliardi di euro.
La rivalutazione della pensione prevista per il prossimo anno potrebbe costare al Governo quasi 5 miliardi di euro. Una prima stima con cui dover fare i conti per far quadrare il bilancio economico.
Anche per il 2026 l’esecutivo ha intenzione di mantenere più o meno la stessa spesa, evitando allo stesso tempo di non cambiare l’attuale meccanismo che rivaluta i cedolini in base al trattamento minimo raggiunto (chiaramente è peggio per chi supera le 5 volte).
Rivalutazione sulla pensione 2026: cosa aspettarsi?
La rivalutazione della pensione è un impegno economico non indifferente. Per questo motivo uno degli obiettivi più difficili da raggiungere è proprio quello di contenere i costi necessari per evitare un aggravio ai danni dei futuri pensionati.
Ai dati attuali i pensionati “più fortunati” sono coloro che percepiranno un assegno inferiore a 2.466€, perché potranno godere di un aumento straordinario che al momento è fissato al 2,2%.
Attualmente però c’è una disputa tra il fisco e il Tribunale di Trento che potrebbe far cambiare le regole del gioco. La Corte Costituzionale sta valutando se giudicare lecito o meno il meccanismo di perequazione che andrebbe a penalizzare gran parte dei cedolini.
Naturalmente con la legislazione attuale è essenziale tener conto dell’inflazione, che sarà colei che contribuirà a decretare l’incremento o meno dell’età pensionabile.
Minor pressing fiscale in Bilancio
Per fortuna quest’anno c’è stata una riduzione sul pressing delle casse INPS, e ciò grazie sia all’incremento dell’occupazione (con conseguenti contributi versati in maggior misura), sia al recupero dell’inflazione sugli stipendi oggetto di contratti rinnovati.
Tuttavia, questo non ha escluso l’intento del Governo di voler prevedere nuove fasce di perequazione, tentando di abbattere gran parte dei costi esborsati dall’erario.
Laddove non si riuscisse a raggiungere l’obiettivo in questione, alcuni esponenti impiegati al Governo hanno già annunciato un prospetto negativo: si dovrà lavorare 3 mesi in più pur avendo compiuto i 67 anni, mentre per uscire anticipatamente – al di là della propria età – ci sarà un incremento di un anno di contributi sia per le donne che per gli uomini.