Roma. Nella notte del 12 ottobre, i militanti della sezione romana di Sinistra ecologia e libertà hanno tappezzato la Capitale di manifesti per rendere omaggio a Steve Jobs, fondatore della Apple recentemente scomparso: la classica mela morsicata su uno sfondo nero, e all’interno il simbolo di Sel. In basso, la scritta “Ciao Steve”, firmato Nichi Vendola. Dopo poche ore sono scoppiati dibattiti e polemiche tra i tanti militanti di Sel e non solo che, nonostante il rispetto per un grande genio come Jobs, vedono in lui un capitalista il quale, al di là dell’essere un ambientalista, un vegetariano e un fenomeno dell’informatica, accumulava soldi, tanti, attraverso la vendita di simboli consumistici come iPhone e iPad.
Il giorno dopo, anche lo stesso Nichi Vendola ha preso le distanze dall’iniziativa: «Il genio di Steve Jobs ha cambiato in modo radicale, con le sue invenzioni, il rapporto tra tecnologia e vita quotidiana. Tuttavia fare del simbolo della sua azienda multinazionale – per noi che ci battiamo per il software libero – un’icona della sinistra, mi pare frutto di un abbaglio. Penso che il manifesto della federazione romana di Sel, al netto del cordoglio per la scomparsa di un protagonista del nostro tempo, sia davvero un incidente di percorso». Viene quindi da chiedersi se questo consumismo, che ormai sembra regnare indisturbato in Occidente, possa “sconfiggere” anche le ideologie più radicate e generare fenomeni particolari, come quello degli “indignados”: da ieri, infatti, oltre 500 persone hanno manifestato prima nei dintorni di Montecitorio, per poi spostarsi verso la sede di Bankitalia, a via Nazionale, dove era in programma un convegno con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il governatore Mario Draghi e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. A Bologna una studentessa ed un carabiniere sono rimasti feriti, e il presidio è ancora in corso. E questo è solo il preludio all’evento previsto per sabato prossimo: il 15 ottobre, infatti, gli “indignados” si ritroveranno in una grande manifestazione nella Capitale chiamata “la giornata della rabbia”.
Secondo gli organizzatori è previsto l’arrivo da tutta Italia di circa 150mila persone, e la giornata avverrà in contemporanea con altre centinaia di città del mondo. IlSussidiario.net ha contattato Mario Morcellini, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza, dove insegna Sociologia della comunicazione. «Considero la scelta di Sel quantomeno inopportuna, soprattutto per due motivi: innanzitutto per il fatto che in questi giorni, persone vicine a quell’area culturale si sono permesse di collocare Steve Jobs politicamente e sono state pronunciate frasi poco sensate rispetto alla statura di una persona come Jobs e al tipo di impatto che ha avuto sulla nostra vita e sulla società. Inoltre, trovo quest’uso a cui abbiamo assistito nella polemica politica una leggerezza sconcertante, perché credo che sia un tipico modo di strumentalizzare sentimenti di massa per un uso di parte, quando invece la morte di Jobs esigeva una diversa capacità di risposta e di riflessione. L’aspetto affascinante della lezione di quest’uomo è il fatto di aver non solo innovato profondamente le tecnologie, ma anche una cosa su cui pochi si sono cimentati, cioè i contenuti, nel senso che ha allargato la dimensione intellettuale delle tecnologie, producendo un risultato straordinario di intellettualizzazione del mondo moderno. Non credo che Jobs sia stato un’icona del consumismo di massa, perchè è vero che ha modificato i nostri acquisti e i nostri stili di vita, ma non rubricherei le tecnologie di cui lui è stato portatore sotto il vocabolo di “consumismo”: lui ha modificato un altro tipo di aspetto di personalità, cioè la disponibilità alla conoscenza, quindi è vero che da questo punto di vista, più si aumenta la conoscenza socialmente distribuita, e più si ottiene che le ideologie tradizionali entrino in crisi. Ma non credo si tratti di consumismo».
E a proposito di consumismo, il professor Morcellini afferma che «è chiaro che anche gli indignados sono contro il consumismo, ma è vero che c’è una specie di ipertrofia della loro costruzione mediatica, in cui i media prendono anche piccole minoranze, come in Italia, e le fanno diventare il quarto o quinto titolo di testa di un telegiornale: è in atto quindi un consumismo comunicativo degli indignados, e da questo punto di vista appare chiaro che i media riescono ad essere al tempo stesso populisti, cioè capaci di assoggettare le persone allo status quo esistente, ma anche nelle stesse pagine capaci di moltiplicare il dissenso al di là di quelli che hanno già una presa di posizione critica. I media sono quindi davvero responsabili di una semplificazione troppo brusca dell’azione e della risposta politica nei paesi moderni».
Riguardo alla protesta davanti alla Banca d’Italia a Roma, Mario Morcellini dice che «è molto difficile dire ai giovani che una manifestazione è inopportuna ed è vero che ci sono tanti motivi di contestazione, soprattutto a livello morale prima che economico, del potere e della società italiana, però ho la sensazione che prendersela con la Banca d’Italia in questo momento significhi un equivoco politico e militante sconvolgente. Dovremmo pensare casomai che le banche pubbliche sono un elemento di regolazione e di protezione dei più poveri durante le crisi, e francamente attaccarle mi sembra più un favore ad altri settori di un capitalismo rapace».
(Claudio Perlini)