Roma. L’associazione Melograno, incrociando i dati Istat e dell’Asp (l’Agenzia di sanità pubblica), ha rilevato che ormai sono sempre di più le donne del Lazio che decidono di avere un figlio in età più avanzata rispetto al passato. Lo scorso anno l’8% dei bambini nati nella nostra regione si è trovato davanti a una mamma che aveva già festeggiato i suoi 40 anni. Cambia la mentalità, ma cambiano anche le tecniche di fecondazione. Secondo la Relazione del ministero della Salute, i bambini nati con la fecondazione assistita nel 2009 in Italia sono stati 10.819, mentre nel Lazio le donne che si sono sottoposte a tecniche come la fertilizzazione in vitro sono state 4.882, potendo approfittare dei 23 centri sparsi per la regione che si occupano di questi problemi. Secondo Raffaella Scalisi, una delle socie fondatrici dell’associazione Il Melograno, le donne aspettano più tempo per avere un figlio perché «le coppie raggiungono un’autonomia economica ormai in là con l’età. Per via del lavoro che non si trova e i costi proibitivi delle case. A volte anche per rincorrere la carriera. Fatto è che nel 1980 le mamme sopra i 34 anni erano il 10 per cento, ora supera il 35%». Quali sono però le conseguenze di questa situazione? Un effetto dell’inseminazione pilotata è un aumento notevole dei parti plurimi, che negli ultimi 25 anni sono passati dall’1,4% al 4%. Commentiamo questa notizia con Gianna Savaris, vicepresidente del Forum delle Associazioni Familiari, intervistata da IlSussidiario.net: «Dietro a queste innovazioni tecnologiche della maternità vedo emergere una nuova, diversa e drammatica visione della vita e della società: una visione in cui l’uomo e la donna cercano di piegare la realtà a sé e non sono più nell’atteggiamento di una risposta ad una chiamata. Il “compito” della donna e dell’uomo è di generare e di educare i figli che nascono dal loro rapporto, ma è proprio questo che il nostro mondo e la nostra epoca non riescono più a concepire, perché non sanno più risalire alle ragioni del vivere, e alla fine tutto viene ridotto ad una questione di diritti. Quello che qui è in ballo è la capacità di accogliere e di amare, e spesso il fatto di mettere al mondo i figli in età così avanzata grazie a tutte le tecnologie che oramai abbiamo a disposizione, viene giustificato con la crisi economica, la precarietà e tutte le varie difficoltà del vivere, senza però ricordare che i figli sono nati in qualsiasi situazione e in qualsiasi civiltà o epoca, e nonostante questo sono sempre stati una ricchezza per l’umanità. Quindi questo mettere al mondo i figli come se fossero delle pedine che vanno posizionate al posto giusto e nel momento giusto, è un atteggiamento che ci fa unicamente pensare al futuro di questi bambini. Cosa c’entra un figlio in un atteggiamento di questo genere?
Godersi i figli insieme con le giuste energie, sia fisiche che mentali, la possibilità per i bambini di godersi i nonni e viceversa, sono tutte piccole “regole” che devono portarci a inserire i nostri figli in un contesto buono e adeguato, e non solo facile. Quello che si vede venire avanti è solo l’ombra della solitudine, di tante solitudini che non avranno mai nessuno con cui misurarsi, con cui confrontarsi e con cui vivere». Riguardo a questo “record” stabilito dalle donne residenti nel Lazio, Gianna Savaris spiega che la regione «potrebbe rappresentare un punto di incontro delle varie situazioni del nostro Paese: dalle tendenze più avanzate del Nord, con la Liguria che è la regione con il più basso tasso di natalità, fino al Sud dove la maternità è ancora vissuta in un modo più naturale. Il Lazio vive queste contraddizioni, quindi sia la tensione verso la novità che quella verso la tradizione, e in questi casi è facile “sbandare”». Con Gianna Savaris commentiamo infine le recenti politiche per la famiglia messe in campo dalla Regione Lombardia, per capire se questo modello possa essere attuato anche al Lazio: «Il Forum delle Associazioni Familiari e le associazioni che lo compongono, che si occupano proprio di mettere la famiglia al centro delle politiche del nostro Paese, lavora proprio secondo questa intuizione, cioè che fare delle buone politiche crea inevitabilmente degli effetti virtuosi nella società. Le politiche familiari della Lombardia sono state attente a valorizzare la famiglia con figli e a riconoscere che crescere dei figli è un valore per tutta la società, perché se una famiglia si sente riconosciuta in questo suo compito sociale acquista coraggio e forza. Proprio per questo noi chiediamo fortemente sia a livello nazionale che a livello regionale delle politiche che possano sempre più mettere al centro la famiglia, che è come sempre un capitale umano ma anche sociale».
(Claudio Perlini)