«Indosso sempre un cappello rosso, e ogni volta mi chiedono se sia natalizio, e io ogni volta rispondo: “No, è contro il malocchio!”». IlSussidiario.net ha intervistato la simpaticissima Anna Dente, cuoca e titolare dell’Osteria di San Cesario a Roma: la signora Anna ha lavorato per oltre 40 anni nella macelleria e nelle terre di famiglia, per poi decidere di impiegare le sue capacità culinarie nella salvaguardia della cucina romano-laziale. Da bambina frequentava spesso le cucine delle osterie gestite a Roma dalla zia, dove fu iniziata alla verace cucina romanesca, mentre grazie a suo padre Emilio e suo nonno Eugenio ha fatto sua la cultura del Quinto Quarto, che oggi occupa una parte fondamentale della sua cucina. Insieme alla Sora Anna, come viene simpaticamente chiamata, andiamo indietro nel tempo per scoprire le antiche tradizioni natalizie romane, la cucina, i sapori e gli odori di una volta, per paragonarli a quelli attuali, caratterizzati da uno stile di vita certamente più frenetico, ma che ancora mantiene, almeno in parte, una porta aperta alle antiche tradizioni capitoline.
Signora Anna, come si festeggiava una volta il Natale?
La cosa più bella che ricordo è che quando non c’era molto da mangiare, il Natale era una grande festa e i contadini, i pastori e la gente della campagna romana si riunivano per poter mangiare un po’ di più tutti insieme. Prima non c’erano tante automobili, motorini e così via, e il Natale iniziava andando per esempio a raccogliere a piedi le verdure nei campi, come la borragine e le erbe selvatiche. Chi poteva rimediava un pezzetto di baccalà, che al tempo era un cibo che in pochi potevano permettersi, e ricordo che mia nonna lo faceva sempre fritto oppure con le patate e il pomodorino, messo apposta per poter inzuppare più pane possibile.
Altre ricette natalizie?
Era tradizione riempire la borragine con mozzarella e alici, e anche oggi cerco sempre di prendere prodotti speciali, come le alici di Cetara e la mozzarella di Bufala della nostra regione. Poi non potevano mancare le gallinelle, che venivano usate per fare il classico brodo, sempre buonissimo, il cui odore ancora oggi mi riporta indietro nel tempo, quando rientravamo a casa dalla messa e una volta aperta la porta di casa si sentiva subito l’inconfondibile odore. In questo stesso brodo si faceva anche la “stracciatella”, con uova, parmigiano, una bella grattata di limone e noce moscata, ma ricordo che spesso per allungare le uova mettevano anche la farina.
E la carne?
La carne di gallina c’era quasi sempre, mentre l’abbacchio lo mangiava chi poteva permetterselo, e fortunatamente noi abbiamo sempre avuto la macelleria di famiglia dal 1952 e, mentre oggi si regalano cesti natalizi, un tempo si regalavano abbacchi, capretti e pollo ruspante. Come dolce era tipico il pangiallo insieme ai biscottini, fatti con lo stesso impasto, ma con un po’ più di farina. Mio nonno aveva la pianta di fichi settembrini, morbidi e maturi, che venivano messi ad asciugare al sole. Quando erano belli secchi, mio nonno ci metteva dentro anche una mandorla, mentre per conservarli un po’ di farina.
Oggi invece cosa è cambiato secondo lei?
Oggi è tutto diverso, tutto omologato e convenzionale, mentre prima il cibo era più rustico, verace e saporito. Anche in famiglia prima ci si riuniva di più tra fratelli, figli e nipoti, tutti insieme per pranzare e fare una tombolata, mentre oggi la cosa che davvero manca è proprio questo calore umano. Tanti anni fa si stava sempre stretti in una casa piccolina, mentre oggi tutti vogliono stare comodi, e non si avvertono più le stesse sensazioni del Natale di una volta, quando tutti si incontravano alla fine della messa per farsi gli auguri e scambiarsi un bacio. Ricordo i pianti dei bambini quando non vincevano ai giochi natalizi, e i chicchi di granturco o i fagioli usati per coprire le finestrelle della tombola. E poi si arrivava alla sera, quando naturalmente non si cucinava ancora, ma si mettevano in tavola le cose avanzate dal pranzo, che erano comunque buonissime e abbondanti.
Cosa ha di speciale il Natale romano?
Il Natale è vissuto diversamente in ogni regione, dove ognuno ha le proprie tradizioni, ma credo che il vero Natale sia in ognuno di noi, in quello che abbiamo dentro, e Roma può aiutare questo giorno importante con le proprie bellezze, come il presepe di piazza San Pietro o l’albero di Natale di piazza di Spagna.
(Claudio Perlini)