I dati di una ricerca prodotta da Unioncamere e dalla fondazione Symbola lasciano piuttosto perplessi. Che Roma vantasse un patrimonio artistico e culturale tra i più ricchi al mondo, era facilmente intuibile. Come il fatto che la ricchezza prodotta dal comparto cultura della provincia capitolina fosse tra i più alti d’Italia. Sbalordisce, invece, venire a conoscenza del fatto che, nella top ten delle città italiane che generano maggior ricchezza dalla filiera culturale si collochi solo al quarto posto. Al primo troviamo Arezzo, il cui valore aggiunto prodotto dalla cultura corrisponde all’8,4% del totale della provincia; seguono a pari merito Pordenone e Milano (8%), Pesaro e Urbino e Vicenza (7,9%). Roma è al 7,6%, seguita da Treviso (7,5%), Macerata e Pisa, (6,9%) e Verona (6,8%). La senatrice Diana De Feo spiega a ilSussidiario.net perché c’è qualcosa che non torna. Partendo, anzitutto, dai motivi che dovrebbero le collocate ai primi posti della classifica. «Arezzo, sotto il profilo culturale attrae, prevalentemente, per gli affreschi di Piero Della Francesca o per la Piazza del Vasari. Pordenone, per carità, è una cittadina bellissima e tranquilla; vanta un castello e gli affreschi di Gianbattista Tiepolo, ma non molto altro». Veniamo a Vicenza: «è famosa per le ville del Palladio, ma non mi risulta che sia animata da una folla di turisti». Ci sono, poi, Pesaro e Urbino: «Della prima possiamo menzionare il conservatorio, della seconda il Palazzo ducale e l’università». La posizione di Milano, è già più scontata: «Ci sono le mostre, o le fiere della cultura e del design che ne fanno un riferimento, a livello nazionale, imprescindibile». Ebbene: «mi sembra di poter dire che tutto ciò non sia lontanamente paragonabile a quanto di storico, artistico e culturale risieda nella Città Eterna». Si obietterà che la traduzione in ricchezza è altra cosa. «Per le strade della città – replica la De Feo – non si riesce a camminare, tanti sono i turisti. E il Colosseo, da solo, fa ogni anno quattro milioni di visitatori. Quand’anche le strutture non fossero particolarmente efficienti nella ricezione del turismo – e in molti casi non lo sono -, e il disordine e il caos, in molti quartieri, regnassero, l’impressionante numero di visitatori che popola Roma lascia intendere che non si tratta di un problema così determinante». Certo, non è escluso che il valore generato dal turismo, negli ultimi tempi, sia calato.
«Ma è colpa della crisi. I milioni di visitatori che vengono a Roma da tutto il mondo si sono adeguati alla nuove ristrettezze economiche. Magari stanno qualche giorno in meno, e invece che in albergo pernottano in un bed & breakfast. Ma si tratta di una situazione contingente, slegata dalle effettive capacità degli amministratori romani». Per intenderci: «tra le tante cose, ricordiamo l’Accademia di Santa Cecilia o il fatto che anche in estate ci sono numerosi concerti, mostre, rassegne». Un altro elemento fa capire come i dati suddetti vadano, tutto sommato, presi con le pinze. A pesare, infatti, più che le città annoverate nella classifica sono quelle che ne sono state escluse: «scusi, le sembra possibile che Firenze e Venezia, due tra la maggiori città culturali e turistiche per eccellenza, non ne facciano parte?».
(Paolo Nessi)