Il nuovo Decreto non ha imposto un salario minimo all'orario, ma il rispetto dei principi lavorativi.
La Legge delega sul salario minimo è stata ufficialmente approvata nella Gazzetta Ufficiale, anche se di fatto non è un vero e proprio emendamento. O meglio, al Governo italiano ora spetterà – entro 6 mesi – stabilire quale Decreto legislativo adottare così da poterlo applicare al contratto di lavoro.
In poche parole non esisterà alcuna soglia minima oraria da rispettare, bensì dei principi regolamentati dal CCNL così da farla diventare “norma”. L’aspetto contrattuale lavorativo in Italia sta cambiando, e con quest’ultima variazione osserviamo gli aspetti più incisivi.
Come cambia il salario minimo in Italia?
Con la nuova Legge delega il salario minimo in Italia non prevede alcun importo orario, ma implica il rispetto di quanto sancito nei contratti rappresentati dal Collettivo Nazionale di Lavoro. L’obiettivo è infatti contrastare quei patti detti anche “pirata”.
I contratti pirata sono quegli accordi firmati dalle minori sigle sindacali che applicano dei salari più bassi rispetto all’accordo cardine. In tal caso non si parlerebbe di equiparare le retribuzioni a livello universale, ma di appoggiarsi ad un solo contratto forte e che sancisca i diritti dei lavoratori.
Il Decreto in questione farebbe sì che i contratti sviluppati per il settore pubblico, debbano essere anche oggetto di controllo degli enti competenti, che dovranno assicurarsi il rispetto dei principi accennati.
Un sistema altamente monitorato
Il sistema si baserà su un controllo minuzioso del flusso di lavoro. Infatti ogni contratto dovrà riportare un codice numerico identificativo, cosicché l’INPS possa risalire ai dettagli dello stesso durante l’invio telematico.
Naturalmente il check va oltre il semplice “monitoraggio”, in quanto i dati saranno utili soprattutto per i fini statistici e d’analisi.
In tempi antecedenti il Governo Meloni ha richiesto al Cnel di effettuare una analisi approfondita sul tema dell’orario minimo, specificando che in verità i lavoratori italiani hanno una maggior copertura da parte delle sigle migliori (Cisl, Cgil e Uil).
Quanto ai contratti denominati “pirata”, sempre Cnel specifica che si tratta di appena lo 0,4% di chi è impiegato, dunque un dato piuttosto irrisorio e irrilevante. Ora al Governo spettano 6 mesi di tempo per trovare una soluzione.