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Home » Esteri » Europa » SALIS E PPE/ I due forni dei popolari, l'”eterno” problema di una maggioranza ambigua

  • Europa
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SALIS E PPE/ I due forni dei popolari, l'”eterno” problema di una maggioranza ambigua

Marco Zacchera
Pubblicato 25 Settembre 2025
Ilaria Salis, eurodeputata di AVS (Ansa)

Ilaria Salis, eurodeputata di AVS (Ansa)

No alla revoca dell’immunità in Commissione Juri, ora si attende la plenaria. Ma il nodo politico resta il trasformismo del Ppe

Ilaria Salis vince (13 a 12) il primo filtro in Commissione Juri dell’Europarlamento e andrà quindi in aula per il voto finale sulla sua decadenza con buone probabilità di sfangarla.

Era in aria questo risultato dal sapore di “inciucio”, soprattutto dopo che – contrariamente al solito – la sinistra aveva chiesto il voto segreto dall’esito del quale è risultato evidente, presumendo che la sinistra abbia aiutato la Salis e la destra no, come almeno due deputati del PPE abbiano votato contro le indicazioni del gruppo. Impossibile, per via del voto segreto, stabilirne l’identità.


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La Salis gongola, il plenum dell’aula potrebbe sconfessare il voto della Commissione ristretta (ma di solito non lo fa) e soprattutto basterà che la sinistra chieda ancora una volta il voto segreto, magari per raccogliere strada facendo altri “aiutini”.

Il problema non è però tanto la Salis, quanto l’ennesima “combine” organizzata dietro le quinte.


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Il dito d’accusa è puntato sul PPE, un elefante da 188 eurodeputati espressione di gruppi nazionali molto diversi tra loro e dove quindi le indicazioni di vertice (che nel caso erano di votare contro la Salis) si squagliano spesso come neve al sole.

Sembra di veder applicata alla grande la logica del fu Partito socialista italiano (PSI), quando per trent’anni tenne il piede in due scarpe – la famosa “politica dei due forni” – governando con la DC a Roma e con la sinistra in periferia.

Il PPE è, a livello europeo, la dimostrazione pratica di quanto valga la rendita politica proprio nella logica dei “due forni”, con la Commissione che lusinga ora uno ora l’altro schieramento interno del PPE, pur di cucinarci il pane e qualche volta anche il companatico.


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Il risultato è però che la stessa Commissione è così troppe volte ambigua e contraddittoria, con la von der Leyen che della sua debolezza ha fatto una forza all’insegna del “dopo di me il diluvio”. Questo non ha diminuito bensì aumentato i giochetti opportunistici e le ambiguità del Partito popolare europeo.

Così la maggioranza a Bruxelles diventa spesso e volentieri variabile, “infornando” l’estrema sinistra o i conservatori a seconda dei temi in discussione e perdendo per strada non solo la propria autorevolezza, ma soprattutto una propria autonomia decisionale e politica.

L’europarlameto di Strasburgo (Ansa)

Nel frattempo sono pochi i temi unificanti, tra i quali di recente è emerso quello della difesa in appoggio a Kiev che ha visto moltiplicare le spese militari. Con soddisfazione soprattutto di chi in queste cose ci inzuppa il pane.

Tornando alla Salis, da sottolineare che la Commissione Juri aveva designato come relatore il deputato spagnolo del Partito Popolare Adrián Vázquez Lázara, che che nella sua relazione  aveva chiesto la revoca dell’immunità.

Dopo il voto il relatore si è detto offeso dal voto in commissione sottolineando che “Questo voto rappresenta un pericoloso e brutto precedente. La posizione giudiziaria di Salis è più debole di prima e prevedo che l’Ungheria presenterà ricorso alla Corte di giustizia europea e che l’immunità finisca per esserle revocata dal tribunale Ue in Lussemburgo”.

Certamente, intanto “campa cavallo” e salvo un voto dell’aula in seduta plenaria nel prossimo ottobre dove – se verrà la richiesta di voto segreto – le probabilità di accordi trasversali si moltiplicheranno.

Intervistata dal Corriere della Sera, l’eurodeputata Salis ha candidamente dichiarato: “Io non voglio sottrarmi al processo. Anzi, voglio essere processata ma nel mio Paese, perché io ho fiducia nella magistratura, ho fiducia della magistratura italiana”.

Insomma, la Salis è rimasta una delle poche a credere all’imparzialità politica dei giudici italiani, che peraltro non si sa come potrebbero assolverla, perché l’atteggiamento carcerario ungherese può essere censurabile, ma i fatti imputati sono chiari e sarà difficile per la “pasionaria” difendere comunque il suo atteggiamento volontariamente violento.

Tanto più che è una pregiudicata (aspetto spesso dimenticato dai media) con due condanne detentive definitive, la prima per invasione di edifici pubblici, con la Corte d’appello di Milano che l’ha condannata a un anno e venti giorni di reclusione essendo già recidiva, la seconda a sei mesi per resistenza a pubblico ufficiale, condanna divenuta irrevocabile dopo la conferma in Cassazione.

Certo che se l’insipienza della giustizia ungherese non avesse l’fatta arrivare due volte in ceppi in aula (misura coreografica inutile, stupida e medioevale) la Salis sarebbe tuttora una “signora nessuno”, mentre adesso è addirittura eurodeputata e probabilmente ci resterà, magari con l’ennesima “combine” organizzata dietro le quinte.

([email protected])

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