Classifica Newsweek degli ospedali innovativi, prevalgono gli USA. Le migliori strutture italiane sono del privato accreditato: il SSN non può perderle
Ho già scritto più volte su queste colonne che le classifiche in sanità non mi appassionano, tantomeno se riguardano il mondo intero, le singole strutture ospedaliere, e se sono ripetute tutti gli anni. In sanità non ci sono campionati da vincere, medaglie da distribuire, premi da appendere nelle bacheche aziendali o negli uffici dirigenziali, ma solo cittadini che, avendo bisogni di salute che si esprimono attraverso la domanda di servizi e prestazioni, si augurano che il servizio sanitario del proprio Paese sappia rispondere al meglio a queste esigenze. Se poi la struttura riceve dei riconoscimenti, perché disdegnarli?
Quanto alle valutazioni di singoli ospedali esse sono buona cosa se ci aiutano a capire la qualità dei servizi erogati, gli esiti delle cure, la loro organizzazione, il loro livello di innovazione, e così via, tutti elementi che mal si sottomettono alle caratteristiche rigide di una classifica per la quale esistono infinite variazioni possibili nelle metodologie di valutazione.
È così anche per le classifiche che ci vengono proposte tutti gli anni dalla rivista Newsweek e che in questi giorni stanno riempiendo le pagine dei giornali e di tutti gli strumenti di comunicazione: mi riferisco, in particolare, al posizionamento dei 350 ospedali, presi in 30 nazioni di tutto il mondo (con una ovvia prevalenza di strutture statunitensi, ma anche con un certo numero di nosocomi europei ed asiatici), che sono risultati più innovativi nell’utilizzo di tecnologie cosiddette “smart” applicate ai processi clinici e gestionali (World’s Best Smart Hospitals).
La metodologia adottata da Newsweek prevede l’utilizzo di due strumenti: da una parte un sondaggio tra manager sanitari e professionisti della salute con l’obiettivo di individuare le strutture più avanzate quanto a strumenti digitali e di intelligenza artificiale (che conta per il 77,5% del punteggio complessivo attribuito); dall’altra un questionario con domande su dieci aree: accreditamento riferito alle tecnologie dell’informazione, intelligenza artificiale, portali per pazienti, soddisfazione dei dipendenti rispetto alle tecnologie digitali, sistema informativo ospedaliero, tecnologie per la sicurezza dei pazienti, soddisfazione dei pazienti, robotica, sistemi elettronici di supporto alla telemedicina, impiego di realtà aumentata e virtuale (che vale per il 20% del punteggio). Ai due strumenti si aggiunge l’analisi degli accreditamenti della Joint Commission International (2,5% del punteggio) in tema di qualità e sicurezza.
La classifica prodotta da Newsweek non è una classifica assoluta o unica: a partire dalle stesse informazioni ma predisponendo domande diverse, combinando diversamente le varie risposte, pesando in maniera differente i singoli fattori si possono ottenere classifiche con risultati del tutto diversi da quelli proposti dalla rivista. Per questo tutte queste classifiche non solo vanno prese con la dovuta prudenza, ma vanno soprattutto utilizzate per identificare dove una struttura ospedaliera può essere migliorata o perfezionata.
Dal punto di vista dei risultati non mi stupisce che le valutazioni più elevate siano a carico dei soliti noti (1° Mayo Clinic, Rochester; 2° Cleveland Clinic, Ohio; 3° Massachusetts General Hospital, Boston; 4° The Johns Hopkins Hospital, Baltimore; 5° The Mount Sinai Hospital, New York; tutti negli USA), con 8 ospedali statunitensi (più uno tedesco ed uno israeliano) nei primi 10 posti: mi stupirebbe, semmai, il contrario..
Così come mi fa piacere che in questo elenco di 350 ospedali siano presenti ben 18 strutture del nostro Paese (Istituto Clinico Humanitas, Rozzano, 61°; Ospedale San Raffaele, Milano, 72°; e via via gli altri: Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma; IEO – Istituto Europeo di Oncologia, Milano; Policlinico Universitario A. Gemelli, Roma; Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma; Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo; Istituto Giannina Gaslini, Genova; Centro Cardiologico Monzino, Milano; Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, Roma; Meyer – Azienda Ospedaliero Universitaria, Firenze; Pineta Grande Hospital, Castel Volturno; Istituto Nazionale dei Tumori, Milano; Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano; Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo; Presidio Molinette – A.O.U. Città della Salute e della Scienza, Torino; fino a A.O. Ospedali Riuniti Marche Nord – Presidio San Salvatore Centro, Pesaro, 252°; e Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna, 302°), segnale dell’attenzione che le nostre strutture hanno verso il settore dell’innovazione tecnologica e digitale.
Al di là delle critiche di metodo che possono essere avanzate alla classificazione prodotta da Newsweek, non può però sfuggire al lettore attento il dettaglio dei nomi delle strutture italiane prese in esame ed il loro posizionamento: i punteggi maggiori sono stati ottenuti quasi tutti da grandi strutture che fanno parte del privato accreditato.
Qui non si tratta di fare l’elenco dei buoni e dei cattivi, o di innescare una inutile contrapposizione tra strutture pubbliche e strutture private parteggiando per le une o per le altre: si tratta però di prendere atto che nel nostro servizio sanitario sono presenti entrambe le tipologie di strutture (pubbliche e private accreditate), che entrambe ricevono riconoscimenti internazionali e che entrambe partecipano a tenere alta la qualità, l’autorevolezza e la rispettabilità del nostro servizio sanitario. Gli strenui e pervicaci sostenitori del “vogliamo un SSN pubblico”, nel senso di “fatto solo di strutture pubbliche”, si rassegnino e si rendano conto di ciò che il SSN perderebbe se prevalesse la loro insistenza.
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