La PIC evolve da assistenza a modello integrato sanitario-sociale, con focus su prevenzione e personalizzazione per cronicità. Verso PIC 2.0
Presa in carico (PIC) è una definizione che negli ultimi anni ha avuto molto successo in campo sanitario, introducendo nel sistema un concetto capace di andare oltre quello della semplice cura o assistenza.
Infatti, il prendersi in carico introduce nel lessico socio-sanitario alcuni elementi nuovi.
Innanzitutto, quello temporale, in quanto indica un’azione continuativa, ed ha anche in sé un significato di responsabilità che in fondo è una conseguenza intrinseca nel prendersi in carico qualcosa. Ma insieme alla caratteristica temporale e di responsabilità, c’è anche quella della personalizzazione, in quanto il concetto di prendersi in carico, per avere un significato compiuto, deve caratterizzarsi con la definizione di chi si prende in carico.
Tra i vari utilizzi della definizione di Presa in carico c’è quello legato a un progetto della sanità lombarda, che si è sviluppato sui pazienti con patologie croniche.
L’aumento delle incidenze dei soggetti con patologie croniche, in parte dovuto a un aumento della popolazione anziana ed in parte dovuto al miglior trattamento delle fasi acute di molte patologie, pone tutti i sistemi sanitari davanti alla necessità di inserire elementi gestionali nuovi in grado di dare una risposta con risorse che, per definizione, sono sempre scarse. In questa direzione diversi sono stati i tentativi di dare una risposta a una problematica che utilizza circa il 75% del budget sanitario.
In Regione Lombardia si è iniziato con l’esperienza CReG (Chronic Related Group), basata sull’utilizzo della Banca Dati Assistito (BDA), un archivio di tutti i dati sanitari dei pazienti lombardi, per stratificare i pazienti cronici definendone i livelli di complessità ed i bisogni assistenziali.
Questo ha permesso ai Medici di Medicina Generale (MMG) di stilare per ogni paziente un Piano Assistenziale Individuale (PAI) annuale con l’elenco delle prestazioni da effettuare. Per facilitare i passaggi veniva identificato un soggetto gestore che, nella maggior parte dei casi, era rappresentato da una cooperativa di MMG che si prendeva in carico i vari passaggi, inclusa la prenotazione presso le strutture sanitarie.
Questa progettualità si è poi evoluta in un progetto a cui è stato dato il nome di Presa in carico (PIC), che sostanzialmente manteneva le stesse modalità del CReG con una differenza nell’ampliamento delle patologie coinvolte e nel riconoscimento economico.
Questo progetto, con alterne vicende, prosegue tuttora, dopo avere scavallato anche il periodo Covid.
Una delle problematiche maggiori è stata sicuramente l’accettazione del progetto da parte dei MMG (il progetto è su base volontaria), che è avvenuta a macchia di leopardo e si è scontrata con il timore del possibile aggravio burocratico e sulla finalità dello stesso. In questo, scontando un errore di base, consistente nell’avere messo l’accento sul come fare e non sul perché.
Ad ormai quasi un decennio dalla partenza di questo progetto, pur avendo ancora segnali positivi dall’arruolamento degli utenti, si sente forte la necessità di una revisione.
L’aumento esponenziale dei bisogni sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo e la progressiva difficoltà a far fronte alle richieste di prestazioni (basti pensare alle liste d’attesa), nonché l’evoluzione tecnologica a cui assistiamo (telemedicina, intelligenza artificiale, eccetera) sono elementi che si devono tenere in considerazione non solo per la gestione dei pazienti cronici, ma anche in riferimento al modo con cui la Medicina Generale, con tutte le difficoltà che sta attraversando, interpreta il proprio ruolo sul territorio.
L’attuale progetto di Presa in carico (PIC 1.0) si è focalizzato nel corso degli anni su due fasi: preparazione dei PAI ed esecuzione delle prestazioni. Anche un’ultima evoluzione, che prevede il (ri)coinvolgimento degli ospedali, segue lo stesso schema.
Questo modo di agire (che è anche culturale), peraltro già in crisi per le difficoltà a reperire le prestazioni, ha sempre nascosto quella che dovrebbe essere il focus del progetto di Presa in carico, e vale a dire quello di essere un formidabile strumento di prevenzione secondaria, così come terziaria, finalizzata alla NON riacutizzazione delle patologie, evitando accessi in urgenza inappropriati. In tal senso, una collaborazione con altri attori di sistema (come ad esempio le Cure Domiciliari) risulta fondamentale per gestire una corretta transizione tra setting di assistenza.
Una prevenzione secondaria/terziaria che sappiamo essere non solo fatta da prestazioni, esami di controllo, ma da una serie di attività (abitudini alimentari, stili di vita, aderenza, etc.) che sono fondamentali per stabilizzare una patologia cronica evitando le acuzie. Una maggiore attenzione a questo aspetto avrebbe importanti ricadute sul sistema.
Come anche riservare una maggiore attenzione a quello che i Piani assistenziali possono permettere, vale a dire lavorare sulla appropriatezza, evitando il ricorso, a volte ridondante, di esami tra specialisti ed MMG, spesso guidati dalla medicina difensiva più che da una vera necessità. Quanto sarebbe utile identificare dei Piani Terapeutici e Assistenziali (e di Prevenzione) condivisi tra MMG e specialista e poi validarli con una continua attività di monitoraggio sul campo.
Ma oggi sappiamo che approcciare i problemi della salute solo da un punto di vista sanitario non è più sufficiente. L’aumento dell’età della popolazione, con il crescere anche di fragilità sociali, solitudine e isolamento, accompagnato dalle difficoltà economiche (riduzione del potere d’acquisto, difficoltà di accesso alle cure, etc.) fa sì che la dimensione sanitaria, nella maggior parte dei casi, non possa essere disgiunta da una dimensione sociale: due aspetti che interagiscono e si influenzano reciprocamente.
Ormai vi è la necessità improrogabile di una collaborazione attiva ed in sinergia tra mondo sociale e il mondo sanitario, in una visione a 360 gradi della persona, in grado di aggiungere profondi significati al concetto di prendere in carico.
La visione integrale della persona fa sì che oggi sia importante, accanto alla classica stratificazione dei pazienti, una chiara definizione dei bisogni.
Questi non necessariamente sono legati solo alla situazione personale, ma coinvolgono anche l’ambiente di vita circostante, la facilità ad accedere alle strutture assistenziali, la presenza di una famiglia o di un caregiver, la posizione geografica e il contesto socio-culturale. Un allargamento della visione per un approccio globale ai bisogni che può guidare l’individuazione delle soluzioni più appropriate.
In questo contesto, il MMG non può più essere avulso dal sistema, guidato solo dai suoi vincoli contrattuali e con scarsa capacità di incidere su tutto quello che sta attorno. Oggi deve essere al centro di una rete di relazione con gli altri professionisti sia del sanitario ma anche del sociale, incluso quello delle RSA e dell’assistenza domiciliare.
Un percorso complesso ma inevitabile se vogliamo ridare contenuti e rilevanza a un ruolo che, pur con tutte le sue difficoltà, rappresenta comunque il primo presidio sanitario sul territorio e che sta affrontando diverse problematiche, tra cui la necessità di dare motivazione a una professione che ultimamente ha fatto allontanare molti giovani.
Il recente dibattito sulla veste organizzativa da dare alla Medicina Generale potrebbe trarre beneficio partendo dalle realtà concrete (bisogni) più che da impostazioni generalizzate (che a volte risentono di impostazioni ideologiche).
Non ultimo, appare indispensabile un’efficace governance politico-amministrativa in grado di dare concretezza e fattibilità a tutto questo percorso.
Quindi, una visione nuova della Presa in Carico (PIC 2.0) che può trovare nell’innovazione tecnologica un prezioso alleato per portare a termine molti di questi obiettivi e dare anche un contributo importante al sistema salute del nostro Paese.