Tutti contro Kennedy per le sue decisioni sulla sanità USA. Ma RFK vuole fermare lo strapotere (criminale) di Big Pharma
Il segretario statunitense alla Salute Robert F. Kennedy ha smascherato i suoi antagonisti nel corso della sua audizione recente al Congresso. Pochi esempi ci restituiscono il quadro della posta in gioco. Alla domanda della senatrice Elizabeth Warren che lo accusava di “aver privato la popolazione dei vaccini anti-Covid” si è limitato a ricordarle che, da esponente del Congresso, lei aveva intascato 855mila dollari di sovvenzioni da Big Pharma durante la pandemia. Colpita e affondata.
Nella sua essenzialità qui sta il nocciolo della faccenda: lo strapotere delle aziende farmaceutiche che nel corso degli ultimi 30 anni ha dettato la politica sanitaria negli USA e in Europa. Basti pensare che l’industria paga ben tre consulenti per ciascun eletto al Congresso per esercitare (legalmente) la propria influenza, spendendo circa 3 miliardi tra il 1998 e il 2012 per alimentare campagne di informazione riservate ai politici.
Questo spiega lo straordinario balzo della spesa statale per vaccini verificatosi, nel mondo, dal 2009 ad oggi: da 11,8 miliardi siamo passati a 20 miliardi nel 2014, per arrivare infine a raggiungere i 157 miliardi di dollari entro il 2025.
Cifre da capogiro che danno la misura di ciò che è concretamente in gioco: il controllo industriale sulla sanità. Big Pharma non può permettersi tentennamenti, né tollerare dubbi: dobbiamo vaccinare tutti, dobbiamo vaccinare per tutto, magari con nuovi e iper-tecnologici vaccini, realizzando il vecchio sogno di Henry Gadsden, presidente della Merck, che nel lontano 1976 dichiarò che la nuova frontiera sarebbe stata “produrre farmaci per persone sane, perché questo ci permetterà di vendere a chiunque, così come si vendono chewing gum”.
L’influenza di Big Pharma è pervasiva e condiziona la stampa, i ricercatori, gli amministratori, gli stessi enti di sorveglianza. Circa 2/3 degli studiosi ricevono supporto finanziario per le loro ricerche e raramente queste producono risultati sfavorevoli nei riguardi del committente.
Non solo i singoli ricercatori, ma anche gli istituti di ricerca possono essere influenzati da sponsorizzazioni industriali come sovvenzioni, cattedre di ricerca e altre donazioni (e non è infrequente il caso di ricercatori diventati professori grazie al supporto finanziario delle aziende dopo aver ricoperto incarichi in enti regolatori, o, viceversa, diventati amministratori di aziende farmaceutiche dopo aver rivestito ruoli in enti regolatori (ne abbiamo esempi recenti anche in Italia).
Tutto questo si chiama conflitto di interessi. E su questi Kennedy ha puntato il faro. I conflitti di interesse offuscano la ricerca sulla sicurezza dei vaccini. Gli sponsor della ricerca hanno interessi contrastanti che possono ostacolare lo studio obiettivo degli effetti collaterali dei vaccini. Produttori di vaccini, funzionari sanitari e riviste mediche possono avere ragioni finanziarie e burocratiche per non voler riconoscere i rischi dei vaccini.
L’esistenza di conflitti di interesse non significa necessariamente che la ricerca sia fraudolenta o che il sistema che la sponsorizza sia completamente corrotto. Certo, molti ricercatori onesti e imparziali stanno esaminando la sicurezza dei vaccini. Tuttavia, i conflitti di interesse sono molti diffusi e i fruitori della ricerca non possono conoscere l’entità del problema.

Ciò è specificamente vero per gli enti regolatori come la Food and Drug Administration o il Center of Disease Control (CDC), i cui vertici sono stati azzerati (e poi rinominati) da Kennedy, che aveva trovato come la maggior parte dei membri avesse un palese conflitto di interessi. Poiché il CDC ha il compito di promuovere i programmi di vaccinazione e di valutare i rischi dei vaccini, potrebbe essere riluttante a sponsorizzare ricerche che scoprano i rischi che potrebbe aver creato.
Infine, i funzionari del CDC potrebbero considerare il lavoro per il governo come un trampolino di lancio per un impiego presso un’azienda produttrice di vaccini. Un anno dopo aver lasciato l’incarico di direttore del CDC nel 2009, Julie Gerberding ha assunto la carica di presidente di Merck Vaccines mentre il dottor Verstraeten ha iniziato a lavorare per GlaxoSmithKline quando era impegnato a completare un importante studio sui potenziali effetti collaterali del thimerosal (un componente dei vaccini ora escluso dalla produzione) per il CDC.
Quando un funzionario pubblico assume una posizione redditizia nel settore che in precedenza ha regolamentato è inevitabile che il dubbio si insinui. A ragione Kennedy ha potuto affermare che “il CDC è stato afflitto da persistenti conflitti di interesse ed è diventato poco più di un timbro di gomma per qualsiasi vaccino”.
Kennedy è inviso non solo per aver instancabilmente denunciato i pericoli dei cibi ultra-processati, dell’iperconsumo di farmaci, della droga, ma per aver finalmente re-installato la Task Force on Safer Childhood Vaccines, un ente regolatorio finalizzato a valutare l’impatto dei vaccini in termini di eventi avversi sui bambini.
L’ente era stato creato nel 1990 e poi incredibilmente smantellato nel 1998. Ci sono voluti quasi trent’anni perché fosse reso possibile studiare gli effetti collaterali dei vaccini sui bimbi. Nessun giornale – salvo poche eccezioni – ne ha parlato. Perché, per quanto incredibile, i vaccini sono diventati intoccabili e nessuna critica è consentita.
Eppure, i vaccini – come tutti i farmaci – possono avere effetti indesiderati e vanno, se il caso, contestati. È sempre la scienza che lo dice. E che recentemente ha dimostrato che i vaccini a mRNA hanno effetti negativi sui più piccoli e sulle donne in gravidanza. Motivo per cui la loro somministrazione a queste persone è stata (finalmente) bloccata da Kennedy. Kennedy ha bloccato gli investimenti sui vaccini a mRNA, non i vaccini.
Al riguardo va ricordato che i vaccini anti-Covid hanno rappresentato un gigantesco affare per Big Pharma, dato che i finanziamenti pubblici hanno coperto almeno il 50 per cento delle spese cumulate per ricerca e sviluppo, mentre i profitti (astronomici) sono stati esclusivamente privati.
Grazie ad accordi ancor oggi segretati, si stima che gli Stati abbiano pagato tra le 4 e le 24 volte in più di quanto avrebbero dovuto, con un costo medio di 20 dollari a dose contro 1,20 dollari di costo reale. Nessuno ha niente da dire? Piuttosto che strapparsi le vesti, gridando all’intoccabilità della “scienza”, molti commentatori farebbero meglio a farsi un esame di coscienza e domandarsi quali interessi stanno difendendo: quelli dei cittadini o quelli di Big Pharma?
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