Il mondo è in preda al caos geopolitico e all'ansia per un futuro incerto, segnato da guerre e dalla fine degli equilibri globali
Certo, tutto sta cambiando. Guardando con rapide occhiate le carte geografiche o le più moderne slides, oppure ascoltando e leggendo le informazioni che i media tradizionali e quelli nuovissimi forniscono sullo stato del mondo, ci si rende conto del cambiamento di un’epoca contrassegnata da un grande caos, che neppure i più accreditati analisti sanno interpretare, e neppure riescono ad azzardare previsioni, che l’opinione pubblica non riesce a comprendere. E il cambiamento non riguarda solo la geopolitica.
Tuttavia, è indicativo il titolo del fondo dell’ultimo numero di Limes, che pare una autoconfessione: “Ci siamo persi”. Pensate a un italiano, a uno che si dichiara europeista e vede un’Europa che rivela tutta la sua inconsistenza politica, perché non è uno Stato e conta posizioni diverse tra 27 Stati su tantissimi punti, sia di politica internazionale, sia di politica economica, sia di politica interna. Altro che grande Stato federale come speravano i “padri fondatori”.
Ebbene, questo italiano crede di poter perdere la pace senza aver combattuto alcuna guerra. E pensare che ottant’anni fa suo nonno o suo padre avevano vinto la pace dopo aver perso la guerra, dopo magari avere aderito a uno dei totalitarismi più cupi che avevano caratterizzato la prima parte del Novecento.
In breve sintesi, per tre generazioni quell’italiano ed europeo ha goduto della pace dovuta alla vittoria degli americani e degli alleati. Adesso, con la guerra in Ucraina e un presidente americano che rappresenta un’altra America, quella che non crede più, almeno al 70 per cento, al vecchio “sogno americano” e mette in discussione la stessa alleanza con l’Europa, quell’italiano si sente sperduto, non riesce più a comprendere in che mondo si trova e quale futuro lo aspetta.
L’ansia per se stessi, per i figli e i nipoti, prevale su quasi tutto in questi giorni. La rottura dell’ordine (altro che crisi) si riempie ogni giorno che passa di episodi che dividono, polarizzano e mettono gruppi in contrapposizione dura sul piano politico e su quello sociale.
Non possiamo parlare solo della guerra in Ucraina, che finirà (non si sa proprio quando) con un Paese diviso in tre, secondo le più accreditate condizioni di pace russe.
Come è possibile non pensare al disastro del Medio Oriente, con la tragedia di Gaza, il “suicidio” storico e politico di Israele, dovuto principalmente sia alla politica del governo di Benjamin Netanyahu, sia al terrorismo di Hamas, in un quadro dove tutti blaterano, soprattutto gli europei, ma non mettono in atto alcuna iniziativa concreta che preveda uno spiraglio di pace.
Anche l’ultimo delitto a sangue freddo dell’esponente della destra americana, Charlie Kirk, mette in atto una contrapposizione ideologica che riporta il mondo indietro di anni e, al posto di inserire i giovani nell’arte della politica e del dialogo anche tra posizioni diverse, porta a una “polarizzazione” o contrapposizione che si proietta a macchia d’olio in tutti i Paesi del mondo.
Poi ci sono le mosse di potenze emergenti, la Cina innanzitutto, che sembra appoggiare la Russia e, al tempo stesso, sfida il presidente americano Donald Trump in una “comprensione” per Putin che diventa quasi sospetta, ritornando agli anni passati, non solo quelli della Guerra fredda.
Insomma, c’è un tentativo di ordine tripolare o multipolare? Oppure bipolare? Oppure c’è un confronto che si giocherà a lungo termine tra le due potenze al momento più forti, cioè Cina e Stati Uniti, per il controllo del Nord Pacifico, ormai strategico, e non solo?
Ma anche questo comunica ansia e ti fa vedere un rischio che può essere imminente o a lungo termine. E l’attenzione dei cittadini del mondo cerca soprattutto di distinguere tra la grande propaganda bellica o parabellica, che sembra un’arma terribile, e la realtà, cioè quello che accade realmente.
L’impressione, al momento, è che prevalga lo spirito di potenza, e abbia sostituito le ideologie con i passaggi duri ma anche misurati della Guerra fredda. In quel periodo pareva esserci un rischio minore, anche se spesso (si pensi ai tempi di Cuba) ci si avvicinò alla guerra mondiale.
Adesso il rischio, in tempi di democrazia stanca, della globalizzazione che ha creato disuguaglianze sociali impressionanti, fa meno paura a chi ha in mano il potere. È per questa ragione che il rischio è diventato grande e magari è usato a scopi economici e di potenza militare ostentata. Ma con questo rischio, alla fine, si scherza con il fuoco e spesso ci si finisce dentro.
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