Gli Stati Uniti potrebbero riprendere a trattare con l’Iran per il nucleare. Ma potrebbe non bastare se l’intesa non chiude il programma di Teheran
Tregua con Hamas e poi accordo con l’Iran. Anche se l’intesa sul nucleare, alla fine, potrebbe non scongiurare del tutto l’ipotesi di nuovi attacchi ai siti iraniani. Nello scenario mediorientale, spiega Rony Hamaui, docente di scienze bancarie all’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, Israele, USA e Iran sono impegnati in una partita a poker nella quale la strategia preferita è bluffare.
Un accordo sul nucleare, tuttavia, farebbe comodo a tutti, anche se bisogna vedere quali saranno i contenuti. Se a Teheran verrà lasciata la possibilità di arricchire l’uranio per scopi civili, di fatto potrà proseguire anche per usarlo a fini militari. I venti di guerra, insomma, non si sono ancora placati, così come la volontà del regime di reprimere sempre più duramente l’opposizione interna.
Gli iraniani dichiarano di essere disponibili a trattare con Trump. Da Israele, però, il ministro Katz avverte che ci potrebbero essere ancora degli attacchi contro Teheran. Cosa c’è di vero in queste dichiarazioni?
Lo scenario che vedo è questo: Israele si accorda per una tregua con Hamas e a quel punto le energie americane e israeliane si concentrano sul fronte iraniano. Credo che anche in questo secondo caso, anche se sono un po’ meno certo rispetto al primo, ci siano ragionevoli motivi per arrivare a un’intesa. In realtà, per quanto riguarda l’Iran, è in corso una partita a poker dove tutti bluffano un po’ e ognuno si tiene le carte in mano. Teheran non racconta fino in fondo quanto è stato distrutto e quanto è rimasto in piedi della sua struttura nucleare, mentre dall’altra parte gli israeliani e gli americani non dicono chiaramente se sono propensi a bombardare di nuovo.
Perché stavolta si dovrebbe arrivare a un accordo?
Credo onestamente che sia nell’interesse di tutti, di Trump come di Israele. Il problema è quali saranno i termini dell’intesa. Gli accordi nucleari possono essere raggiunti, ma da parte di chi arricchisce l’uranio c’è sempre la tentazione di farlo non solo per motivi civili, anche perché il confine con l’uso militare è davvero labile. Bisognerà vedere se si raggiungerà un accordo di facciata oppure, cosa molto più difficile in questo momento, un accordo definito che chiuda il programma iraniano. Credo, tuttavia, che questo secondo passo sia molto difficile. Il rischio è che succeda quello che è stato per la Nord Corea, l’India, il Pakistan, perché passare dall’uranio civile a quello militare è un gioco da bambini. Questa è la realtà.
Ci sono delle condizioni alle quali il regime iraniano potrebbe accettare la chiusura totale del suo programma nucleare?
Penso che il regime potrebbe arrivare a un accordo, ma non rinunciare completamente al nucleare, perché entra in gioco la politica, l’immagine del Paese. Gli iraniani non lasceranno perdere. Ripeto, secondo me lo scenario è questo: accordo con Hamas nei prossimi dieci giorni e poi trattativa e intesa con l’Iran. Non sono sicuro, però, che terrà a lungo, proprio perché un accordo serio comporterebbe la fine completa del programma nucleare iraniano, cosa che in questo momento politicamente il regime non può accettare. Per ottenerlo adesso ci vorrebbe un cambio di regime.
Funzionari israeliani rimasti anonimi hanno rivelato ai media che l’Iran in realtà almeno una parte dell’uranio arricchito sarebbe riuscito a salvarlo. Il pericolo per Israele resta?
Le rivelazioni dei funzionari israeliani sono ampiamente credibili. Penso che l’uranio arricchito non sia stato distrutto interamente. È anche vero che utilizzarlo e trasportarlo di nascosto è estremamente complicato.
Dal punto di vista della situazione interna questa guerra cosa ha lasciato all’Iran? Il regime avrebbe aumentato arresti ed esecuzioni. Ha anche minacciato di morte la vincitrice del premio Nobel per la pace Narges Mohammadi. La repressione sarà sempre più dura?
Il regime iraniano ha interesse ad approfittare della situazione creatasi dopo l’attacco di Israele e USA per una stretta sugli oppositori, nei confronti dei quali sarà ancora più determinato. In questo momento è più facile dire alla gente che c’è ancora il pericolo di bombardamenti, che non si possono correre rischi. Durante le guerre mediamente le libertà si riducono, non aumentano. Anche questo conflitto, salvo una caduta del regime che in questo momento non vedo, non aumenterà le libertà personali.
(Paolo Rossetti)
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