SCENARIO GIUSTIZIA/ La Meloni pensa alle “carriere” per allargare la maggioranza (dopo le Europee)

- Gianluigi Da Rold

La Meloni non si priverà di Nordio: sarebbe una fibrillazione inutile per la maggioranza. La riforma della giustizia si farà. Ecco la strategia della premier

nordio 1 ansa1280 640x300 Carlo Nordio, ministro della Giustizia (Ansa)

Se l’opposizione al governo Meloni rischia settimanalmente scivoloni, contrasti interni al cosiddetto “campo largo” e alleanze piuttosto aeree, anche la maggioranza di centrodestra ha al suo interno i suoi bei problemi da risolvere. Maggioranza e opposizione sembrano a volte due specchi deformati che si riflettono a vicenda in un clima di perenne incertezza.

Doveva essere questo il successo della cosiddetta seconda repubblica? Con un latino piuttosto grossier, si potrebbe dire: de gustibus non disputandum est.

Lasciamo perdere per un momento il cosiddetto “campo largo” o lungo su cui nessuno osa scommettere, non tanto per una vittoria elettorale, quanto per la formazione di un autentico raggruppamento di alternativa politica.

Osservando invece l’area di maggioranza che governa da un anno e mezzo si può notare che la compattezza è prevalentemente elettorale (ma non nel caso della Sardegna), ma sul piano politico anche nell’area governativa si delineano scenari che è difficile interpretare in questo momento. E sarà più complicato decifrarli dopo le elezioni europee. In ogni caso, per tutti i protagonisti di governo c’è un programma da rispettare. E la riforma della giustizia ad esempio è stata sin dall’inizio uno dei fattori determinanti dell’azione di questo esecutivo, ma non sembra affatto semplice metterla in campo.

Diciamo che, osservando dall’esterno, ci si trova di fronte a un piccolo “caso Nordio”, al momento probabilmente da non ingigantire, ma assolutamente da non trascurare.

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, quello che esplicitamente Giorgia Meloni ha voluto nel suo governo, ha fatto un passo falso, un passo avventato, per la sua Presidente del Consiglio, in occasione della fuga di notizie, il cosiddetto dossieraggio, di cui è titolare dell’inchiesta la Procura di Perugia.

Il guardasigilli, insieme a Forza Italia, ha proposto una commissione parlamentare d’inchiesta con poteri inquirenti, uguali a quelli dell’autorità giudiziaria. Subito la Meloni ha tagliato corto, affidandosi alla sua fedelissima Chiara Colosimo, capo della Commissione parlamentare Antimafia, che già aveva incominciato le audizioni e quindi bocciando la Commissione proposta da Nordio.

La mossa della Meloni avrebbe seguito la posizione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che non aveva gradito neppure la costituzione della Commissione anti-Covid) e ha subito fatto breccia in alcuni ministri, come Guido Crosetto, che dopo aver dato il suo assenso ha cambiato opinione.

La sequenza di questa vicenda del dossieraggio, di quanto sta accadendo a Perugia, dove il procuratore generale, Sergio Sottani, prima sembrava aver criticato i giudizi di Raffaele Cantone e poi ha corretto per “mettere tranquillità al lavoro della procura, hanno di fatto messo quasi in un angolo Nordio, che in tutta la vicenda è apparso isolato rispetto al governo.

Indubbiamente, sulla vicenda della Commissione e su quello che si prospetta per la riforma della Giustizia, al momento Nordio sembra essere stato messo ai margini.

C’è chi pensa al proposito che in questa lunga tornata elettorale, che porterà poi alle elezioni europee, dove si conteranno le vere forze in campo, la Meloni sia preoccupata soprattutto di promettere alle forze politiche che la sostengono di accelerare nell’iter delle riforme che maggiormente ciascuna forza sostiene.

In questo caso, secondo alcuni, la riforma della giustizia riguarderebbe soprattutto Forza Italia. Ma questa appare come una posizione un po’ schematica, perché la riforma della giustizia, soprattutto la separazione delle carriere e la responsabilità dei magistrati, sullo sfondo del “processo giusto” (con accusa e difesa sullo stesso piano e il giudice terzo) risale in Italia ai tempi niente meno che di Francesco Merlino, di Turati e dell’ala riformista della sinistra, per arrivare poi a un cattolico come Francesco Carnelutti, quindi a protagonisti della lotta alla mafia come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Forza Italia si accorse forse della separazione delle carriere quando, attraverso il Corriere della Sera, arrivò a Silvio Berlusconi il primo avviso dal tribunale di Milano e dopo che il Cavaliere aveva pure chiesto a Di Pietro di far parte del suo governo.

Che cosa dire allora di tutto quello che sta accedendo in questo periodo? Si può addirittura pensare a un Carlo Nordio sull’orlo di essere sostituito e si può immaginare una maggioranza favorevole, orientata a cedere a una magistratura che ha perso da almeno una ventina d’anni la sua credibilità?

La battaglia per la riforma sarà senz’altro dura, ma lo stralcio di alcuni punti della riforma sarebbe una sconfitta del governo Meloni. Con molta più probabilità, la Presidente del Consiglio aspetterà che termini questo lungo periodo elettorale e valuterà se, dopo quasi due anni, la sua forza elettorale sarà ancora quella con la quale ha conquistato il governo.

Se sarà così, difficilmente Nordio diventerà un caso. Ma il discorso si dovrebbe ampliare. Una seria riforma della giustizia in questa confusa politica italiana mescolerà le carte: arriveranno voti da sinistra e scapperanno voti da destra. Sarà difficile mettere ordine nella confusione che dovrebbe seguire l’approvazione o la bocciatura. Forse sarà la stessa battaglia per la riforma della giustizia a creare nuovi schieramenti politici.

Chissà che non sia questo problema a far tornare la politica in Italia…

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