La produzione industriale italiana è tornata a scendere a ottobre, mentre è salita quella tedesca, che può aiutare anche la nostra
Dopo il rialzo di settembre (+1,5% tendenziale), la produzione industriale italiana a ottobre è tornata a scendere, facendo registrare un -1% congiunturale e un -0,3% tendenziale. Il calo (-0,9%) riguarda anche il trimestre agosto-ottobre rispetto ai tre mesi precedenti.
Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «probabilmente sul livello della nostra produzione industriale pesa anche l’andamento più che positivo dell’export cinese, che comprende anche beni durevoli di buon livello, come le auto. Non c’è dubbio che l’Ue stia diventando un mercato sempre più importante per il gigante asiatico e questo può avere ripercussioni anche sulle decisioni produttive delle nostre imprese».
Sempre a ottobre, la produzione industriale tedesca ha fatto registrare un rialzo sia su base mensile (+1,8%) che annuale (+0,8%). Come giudica questo dato?
Speriamo che possa essere replicato nei prossimi mesi, sarebbe sicuramente positivo anche per l’Italia visto che molte nostre imprese manifatturiere sono inserite nella catena del valore tedesca. Potrebbe occorrere un po’ di tempo per vedere delle ricadute positive sul tessuto produttivo italiano, ma intanto speriamo che in Germania l’industria continui a far registrare dati positivi.
Sarebbe certo importante anche per iniziare bene il 2026 e magari riuscire a far meglio di quanto non dicano le previsioni diffuse nelle ultime settimane…
Sì, anche perché al momento la tendenza non è particolarmente rosea né per l’Italia, né per l’Europa in generale. Per il nostro Paese c’è da sperare che la produzione di alta gamma, dove abbiamo anche brand affermati, possa andare bene, magari sull’onda di una ripresa tedesca, la quale sarebbe benefica per tutta l’Ue.
A questo proposito, Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della Bce, ha detto che l’economia dell’Eurozona potrebbe effettivamente andare meglio del previsto e di attendersi, quindi, che se la Banca centrale interverrà sui tassi di interesse nei prossimi mesi lo farà per alzarli. Cosa ne pensa?

Dal mio punto di vista, se ci sarà un po’ più di ripresa del previsto bisognerebbe evitare di soffocarla sul nascere con una stretta sui tassi, perché non si tratterebbe di una ripresa inflazionistica. Sarebbe meglio, quindi, lasciare i tassi invariati, almeno fino a quando non si consolida un trend di crescita un po’ più robusta rispetto a quella registrata quest’anno. Tra l’altro non va dimenticato che agire sui tassi avrebbe implicazioni anche sul cambio euro/dollaro.
Quindi, se la Bce alzasse i tassi di interesse…
Potrebbe esserci un qualche beneficio a livello di attrazione dei capitali, perché investire in euro renderebbe di più, ma potrebbe risentirne l’export. E in questo momento credo sarebbe meglio dare la priorità alla produzione di beni da esportare in modo che si possano mantenere posti di lavoro e stipendi che alimentano anche la domanda interna.
E se, invece, non ci fosse una crescita superiore alla previsioni?
Bisognerebbe che la Bce prendesse in considerazione una riduzione dei tassi, la quale potrebbe anche contribuire a migliorare il nostro spread, insieme, ovviamente, al mantenimento di una prudenza fiscale da parte del Governo per evitare di sprecare i risultati fin qui conseguiti sul fronte della percezione del nostro debito pubblico da parte degli investitori internazionali.
C’è, quindi, spazio per un’ulteriore riduzione dello spread tra Btp e Bund?
Io penso proprio di sì, anche nel caso la Bce lasciasse invariati i tassi.
(Lorenzo Torrisi)
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