La produzione industriale tedesca ancora stenta a ripartire e questo pesa anche sull'economia dell'intera Ue
Luci e ombre arrivano dai dati Eurostat diffusi alla vigilia di Ferragosto. Nel secondo trimestre dell’anno, infatti, il Pil (+0,1%) e l’occupazione (+0,7%) nell’Ue e nell’Eurozona sono cresciuti. A giugno, tuttavia, la produzione industriale ha subito un calo congiunturale (-1,3% nell’Eurozona e -1% nell’Ue), anche se è aumentata su base tendenziale (+0,2% nel’Eurozona e +0,5% nell’Ue). A destare particolare preoccupazione sono i dati della Germania (-2,3% congiunturale e -3,8% tendenziale), segno che la prima potenza manifatturiera europea non è ancora uscita dalla crisi in cui si trova praticamente da tre anni.
«Non credo che le difficoltà dell’industria tedesca derivino solamente dalla crisi dell’automotive. Di certo questi dati negativi non sono una buona notizia per l’Europa, in particolare per il Nord Italia, dove ci sono molte imprese che fanno parte della catena del valore della Germania», è il commento di Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Come giudica i dati europei relativi al Pil e all’occupazione?
Potevano sicuramente essere migliori, se appunto l’industria non avesse subito un calo, ma sono comunque contraddistinti dal segno più e di questi tempi, viste le incertezze presenti nel contesto internazionale, non è una cosa scontata. In prospettiva, un piccolo aiuto potrebbe arrivare dalle decisioni di politica monetaria delle Banche centrali, in particolare della Fed.
Che il mese scorso ha lasciato invariati i tassi…
Sì, ora ci si attende un taglio a settembre e questo potrebbe favorire una mossa nella stessa direzione da parte della Bce il mese seguente. Il che potrebbe agevolare il credito e favorire quindi sia i consumi delle famiglie che gli investimenti delle imprese, con ricadute positive per l’economia.
Torniamo alla situazione della Germania, la cui economia stenta a ripartire nonostante la riforma del freno al debito e le politiche annunciate dal Cancelliere Merz. Cosa non sta funzionando?
Sicuramente ci sono delle difficoltà nell’export e non aiuta il clima incerto relativamente ai dazi Usa, ma c’è probabilmente anche un problema di debolezza della domanda interna. Come ho avuto modo di evidenziare in una precedente intervista, occorrerebbe incentivare la domanda interna in tutti i Paesi europei perché vi sia un beneficio collettivo, di cui sicuramente godrebbe anche l’economia tedesca.
Una mossa che aiuterebbe anche di fronte all’incertezza sui dazi…
Esattamente. Le imprese possono certamente cercare nuovi mercati di sbocco nel caso trovino difficoltà a esportare negli Stati Uniti, ma sarebbe bene ci fosse un mercato interno europeo più “vivace”. Si tratterebbe di far emergere un potenziale latente di domanda interna nei Paesi membri dell’Ue, anche agendo sulle regole del Patto di stabilità.
C’è un problema strutturale ancora irrisolto dietro le difficoltà dell’industria tedesca a ripartire?
Il tallone d’Achille tedesco resta l’energia, il cui costo sappiamo essere cresciuto molto negli ultimi anni e non tornato ai livelli precedenti alla crisi energetica europea. Indubbiamente, poi, c’è una difficoltà nell’affrontare la concorrenza americana e cinese per quel che riguarda l’auto elettrica, nonostante il vantaggio nel segmento premium automobilistico cumulato negli anni.
Guardando, invece, all’Italia, nei giorni scorsi è stato approvato il decreto attuativo che rende operativa l’Ires premiale introdotta con la scorsa Legge di bilancio. Potrebbe aiutare la nostra economia?
È una misura che incentiva l’aumento dell’occupazione, oltre che degli investimenti delle imprese, quindi è sicuramente positiva per l’economia. Sarebbe, quindi, importante potesse diventare strutturale o quanto meno certa per un orizzonte di medio periodo. Potendo, inoltre, credo sarebbe utile una modifica.
Quale?
Prevedere un beneficio maggiore nel caso l’aumento dell’occupazione stabile riguardi i giovani.
(Lorenzo Torrisi)
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