La ritrovata unione del campo largo in vista delle elezioni regionali preoccupa la Meloni: nel 2027 il centrosinistra potrebbe prevalere
Ha ragione Elly Schlein quando gongola per la saldatura del campo largo in tutte le regioni al voto in autunno? Ha ragione quando avverte: “Giorgia Meloni si abitui a questa novità”? Pura propaganda o fatto politico da valutare? La risposta a questi interrogativi è articolata: dal punto di vista dei numeri la leader dem ha ottime ragioni per dirsi soddisfatta di sicuro. Dal punto di vista politico, invece, l’esultanza è tutta da verificare.
Dal momento che la politica a un certo punto diventa un dato aritmetico (io ho preso un voto più di te), è corretto rilevare – come fa Schlein – come siano circa vent’anni che il campo del centrosinistra non si presentava così unito: Pd, M5s e Avs insieme, e non separati in due tronconi come era avvenuto in modo clamoroso alle ultime politiche, nel settembre 2022. Una unità che fa rima con competitività.
Nelle sette regioni al voto la vittoria del campo largo è data per scontata in Toscana, Campania, Puglia e Valle d’Aosta (con gli autonomisti), con le Marche che potrebbero tornare a sinistra. Sarebbe un risultato tale da confermare la bontà della scelta unitaria, che non dovrebbe andare a segno solo in Veneto e Calabria, roccaforti del centrodestra.
Sarebbe un viatico eccellente soprattutto per il percorso verso le future elezioni politiche, nel 2027. I numeri parlano chiaro: il campo largo non solo si avvicinerebbe in percentuale alla coalizione oggi al governo, ma – soprattutto – potrebbe strappare al centrodestra numerosi collegi uninominali, soprattutto al Centro-Sud.
A legge elettorale invariata la direzione in cui si va è abbastanza evidente agli addetti ai lavori. Lo aveva evidenziato sin dal gennaio scorso una simulazione realizzata da Youtrend per Repubblica: nel 2022 Meloni, Tajani e Salvini avevano vinto a mani basse grazie alla divisione in tre tronconi (c’era anche il centrino di Calenda e Renzi) del campo avversario. Con poco meno del 44% dei consensi il centrodestra aveva incamerato 115 seggi al Senato e 237 alla Camera. Merito del successo a valanga nei collegi uninominali, 56 su 67 al Senato e 121 su 146 alla Camera. Perché – lo ricordiamo – con il Rosatellum in vigore un terzo dei seggi si assegnano in collegi uninominali.

Cosa cambia con il campo largo unito? Tutto o quasi. Youtrend immaginava per il centrodestra 213 seggi a Montecitorio, tenendo presente però che in ben 48 collegi la situazione sarebbe in bilico. E a Palazzo Madama mancherebbe la maggioranza assoluta: 102 seggi (dovendo contare anche i senatori a vita i componenti dell’assemblea sono 205). E anche qui il risultato finale sarebbe appeso a 20 collegi incerti.
Visto che i numeri dei sondaggi da gennaio a oggi non hanno conosciuto grosse variazioni, lo scenario di un risultato sospeso rimane il più probabile. Persino maggioranze differenti nei due rami del parlamento non sono del tutto da escludere. Molto dipenderà dalla capacità del centrosinistra di essere attrattivo, sia in termini di elettorato, sia in termini politici.
Che farà, ad esempio, Calenda, dato dagli ultimi sondaggi addirittura vicino al 4%? Potrebbe essere decisivo in quei collegi in cui si andrà a vincere o perdere per un pugno di voti.
Poi, naturalmente, per il campo largo, o larghissimo, si porrebbe il problema di governare. E il rischio di fare una figura barbina come l’Unione di Prodi nel 2006-2008 è altissimo: Ucraina, Israele, rapporti con Trump e con la Nato, spese per la difesa, scelte sull’energia come il nucleare, o sul lavoro come il reddito di cittadinanza, l’elenco dei temi divisivi è lunghissimo. I nuovi Turigliatto e Mastella possono essere Fratoianni e Calenda, in disaccordo su tutto, tranne che sull’abbattere Meloni.
Con discrezione la situazione viene monitorata a Palazzo Chigi. E c’è chi immagina di superare l’ostacolo cambiando la legge elettorale con un proporzionale con premio di maggioranza e indicazione del candidato presidente del Consiglio, buona sia che vada in porto la riforma costituzionale del premierato, sia che venga bocciata dal referendum.
In cifra assoluta nazionale il centrodestra si sente in vantaggio, visto che oggi tutti i sondaggi lo rilevano intorno al 47-48%, tre o quattro punti in più del 2022. In ogni caso i tecnici della Meloni si tengono pronti a fare entrare in campo il più intramontabile dei tormentoni politici italiani, almeno dal 1993: la legge elettorale.
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