Sembra essere più concreta la possibilità di un conflitto con la Russia, ma è bene non dimenticare quel che avvenne durante la Guerra fredda
Il prossimo tema di cui discuterà il Club Valdai (organizzazione del ministero degli Esteri russo che svolse un tempo un ruolo importante – dopo la caduta dell’Urss e di Eltsin – per favorire la ripresa di un dialogo con la Russia impetrandone l’entrata tanto nell’Ue quanto nella Nato, e di cui chi scrive fece parte) tra il 29 settembre e il 2 ottobre a Sochi sarà quello del Polycentric World: Instructions for Use, ossia, fuor di metafora, quello del confronto tra le grandi potenze, così come oggi è in corso, con interessanti variazioni sul tema. Come quella, per esempio, dell’impossibilità, ormai, di sottrarsi dal vivere in un mondo dominato dal caos.
Caos, in cui occorre infatti non solo continuare a vivere, ma vivere sapendo sfruttare le debolezze degli avversari per perseguire i propri interessi nazionali prevalenti, in un orizzonte sempre più turbolento e, appunto, caotico.
Il tema, lo si comprende a prima vista, mira a porre in risalto i limiti del multilateralismo, non disdegnando di prefigurare un orizzonte di equilibrio internazionale che vede aprirsi all’orizzonte il ruolo delle medie potenze centro-asiatiche e africane, che costituiscono ora il principale punto di osservazione e degli incontri – bilaterali e non – delle riunioni del Club Valdai, unitamente a quelle baltiche e jagelloniche, impegnate nel rivitalizzare la gloriosa e imperiale storia polacco-lituana.
Spicca la presenza del ministro degli Affari esteri Sergej Lavrov, il quale il 30 settembre incontrerà i partecipanti ai seminari e discuterà per trenta minuti con loro, seguito dal sindaco di Mosca Sergey Sobyanin.
Richiamo questo avvenimento perché è errato credere che la Russia sia invasa da una tale febbre bellica che impedisca ai suoi quadri dirigenti di impegnarsi in una discussione pubblica con gli esperti delle relazioni internazionali.
È vero, il tutto ha ormai un côté propagandistico, sempre più evidente rispetto alle prime riunione del Club Valdai – com’è oggi inevitabile -, ma ciò che va sottolineato è il fatto che oggi, rispetto ai temi in cui le riunioni del Valdai preconizzavano l’entrata nell’Ue e nella Nato della Russia, oggi, esse, non a caso coinvolgendo ormai quasi tutti studiosi delle nazioni centro-asiatiche e indo-pacifiche, svolgono un altro ruolo.
Quello di rafforzare teoricamente i critici anti-Ue e anti-Usa che si rivolgono alla Russia come possibili partners di interlocuzioni e di confronti quando non di alleanze, del resto auspicando – il Valdai – rapporti con singoli studiosi influenti ancora convinti delle ragioni della Russia oppure portatori di speranze che per molti sono oggi svanite.
Richiamo questa questione del Valdai per sottolineare quanto composito sia il mondo, soprattutto quello delle relazioni internazionali, nonostante gli sforzi che da ogni parte si fanno per irrigidirne gli orizzonti, limitarne i terreni di discussione, anteporre l’uso preventivo delle armi alla ricerca delle possibili soluzioni negoziate, anche in assenza di stati di pace.
La guerra convenzionale è sempre più vicina: lo comprovano le manovre di disturbo della Russia, certo, ma anche di potenze medie interessate a trarre profitto dall’emergere sempre più forte dell’orizzonte della guerra convenzionale.
L’esempio preclaro ne è la Turchia del massacratore di curdi Erdogan, che pure espone all’Onu le fotografie non degli ebrei mutilati e stuprati da Hamas, ma soltanto dei bambini palestinesi affamati o feriti, senza una parola di condanna per il pogrom jihadista. Lo stesso Erdogan che impedì l’entrata nella Nato delle nazioni che non a caso oggi sono decisive per decidere della temperatura delle relazioni in corso.
Occorre, per affrontare simili interlocutori combattenti e per affermare (dopo che la si è perduta) la ragione della pace, mai perdere di vista la possibilità di non interrompere i contatti relazionali con l’avversario di ieri e di oggi, nella speranza, sempre, ch’esso diventi l’alleato o la forza neutrale di domani.
Recentemente Anatol Lieven ha ben inquadrato il caso da manuale dei velivoli che i russi hanno fatto sorvolare, senza colpire alcunché, nei cieli polacchi, violandone certo lo spazio aereo: “La mossa russa era molto probabilmente da intendersi come un avvertimento alla ‘coalizione dei volenterosi’ europea affinché abbandonasse la speranza di istituire una forza di rassicurazione in Ucraina e per avvalorare l’affermazione del Presidente Putin secondo cui tale forza sarebbe automaticamente soggetta ad attacchi russi… dovremmo ricordare che durante la Guerra fredda ci furono numerose violazioni dello spazio aereo ben più gravi da parte di entrambe le parti, alcune delle quali portarono all’abbattimento di aerei della Nato e alla morte di aviatori americani e britannici.
Questi incidenti non portarono a minacce di guerra, ma a cauti tentativi di de-escalation e a sviluppare un modo per evitare tali scontri”.
E qui non si può terminare senza iniziare un’altra strada adatta per impetrare una saldezza di nervi oggi carente: la conta delle forze, per esempio, britanniche disponibili all’impegno di guerra sin da subito in Polonia, inevitabile dopo aver udito le alte minacce dei ministri inglesi a questo proposito…
Ma qui si termini, per carità di patrie e di pace.
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