Cosa ha detto la leader Pd Elly Schlein alla Direzione Nazionale su guerra, Trump, Referendum Jobs Act e Ddl Partecipazione: la stroncatura dei riformisti
TRA GUERRA E JOBS ACT, SCHLEIN DELUDE I CATTO-RIFORMISTI: IL DISCORSO ALLA DIREZIONE NAZIONALE
È una relazione che delude molti, anche se non tutti, alla Direzione Nazionale del Pd: in un tentato delicato capolavoro di equilibrismo, la Segretaria Elly Schlein ha provato a fare il punto sui temi caldissimi delle proposte dem all’opposizione. E così tra Referendum contro il Jobs Act, la posizione sulla guerra in Ucraina, le risposte su energia, sindacati e sanità, non vedono una piena concordanza tra le varie correnti: così si era arrivati alla Direzione Nazionale e così, per ora, sembra rimanere anche dopo la relazione della ex vicepresidente di Regione Emilia Romagna.
L’unico tema comune resta l’appello a battere il Centrodestra, criticando il Governo Meloni e l’unione delle destre internazionali guidate da Trump: per il resto, le divisioni permangono, specie per il grande “rebus” della vigilia, ovvero il referendum promossi dalla CGIL di Landini contro la riforma simbolo del Governo Pd a guida Renzi, la riforma del lavoro nota come Jobs Act. Nonostante l’apertura ad una piena libertà di voto interna al partito, l’indicazione data da Schlein è tutt’altro che vicina alle richieste dell’ala catto-riformista-renziana ancora presente nel Partito Democratico: «Sosterremo i referendum sul lavoro», ha detto nella sua relazione al Nazareno la leader dem, sottolineando di ben sapere come non tutti abbiano firmati quei referendum e per questo «non chiediamo abiure a nessuno».
Allo stesso tempo però, Schlein tira dritto e sposa la linea più a sinistra interna al partito, sebbene citi il valore del “pluralismo” come elemento massimo: «tutti devono sentirsi a casa», spiega la Segretaria, stroncando però ogni potenziale richiesta formulata negli scorsi giorni dall’area riformista di “Comunità Democratica” (da Delrio a Guerini, passando per Ruffini e Gentiloni), «il Pd deve prendere una scelta» e quella di Schlein è il supportare i referendum contro il Jobs Act e sulla cittadinanza. Rispondendo a qualche mugugno in platea, la leader dem dice di avere pieno rispetto per chi quei testi non li ha firmati e non li supporta, ma ribadisce che la posizione centrale del partito deve essere chiara e netta, e sulla riforma siglata dal Pd di Renzi 10 anni fa semplicemente «va rivisitata, siamo in un’altra stagione».
DALLA CGIL ALLA CISL, NON SI RISOLVE LO SCONTRO INTERNO AL PD SUL DDL PARTECIPAZIONE: LA SINISTRA DEM FRENA I RIFORMISTI
Riformisti stroncati sul Jobs Act, ma non solo: dopo qualche importante apertura della stessa Segretaria Schlein nelle scorse settimane sul Ddl Partecipazione Lavoratori presentato dalla CISL dell’ex segretario Sbarra, l’area catto-dem viene stoppata da Arturo Scotto e dall’ala più spinta a sinistra (ex LEU, per intenderci), «restiamo fortemente contrari». Volendo proprio semplificare, tra Jobs Act e Ddl Partecipazione, il Pd a guida Schlein sembra propendere più per la CGIL che non per il sindacato “bianco” della CISL.
La semplice proposta di Sbarra, appoggiata anche dalla Lega di Salvini, di permettere ai lavoratori la “governance” d’impresa, viene cassata a tal punto che oggi in Direzione Nazionale non è neanche stata inserita nell’ordine del giorno. La minoranza riformista puntava ad approvare la linea interna di continuare il dialogo con il Centrodestra per migliorare il testo, temendo che una bocciatura totale del Pd potesse di fatto “regalare” la CISL alla Premier Giorgia Meloni. Tutto inutile, vince la maggioranza del Nazareno e con essa l’ulteriore “bocciatura” delle posizioni riformiste.
Se si aggiunge a tutto questo, l’equidistanza sulla guerra in Ucraina (autentico “vulnus” che da Prodi a Gentiloni contestavano alla Segretaria), la relazione di Schlein presenta più punti controversi che non “favorevoli” a tutte le correnti. Niente “finto pacifismo di Trump”, ma anche «non stiamo con l’Europa»: un equlibrismo che rischia di scontentare un po’ tutti, soprattutto per la posizione espressa nel suo discorso al Nazareno sul ruolo della UE, «non stiamo con Bruxelles che vuole continuare la guerra, siamo chiamati a fare di più per una posizione chiara per un’Europa unita di pace».