ENERGIA/ L’eolico è il futuro, ma in Italia ci sono ancora troppi “Don Chisciotte”

- Gianluca Lapini

Che il criterio con cui debbano essere allestite le centrali eoliche debba contemplare anche il fattore estetico è fuor di dubbio. D’altra parte troppe volte è stata usata questa scusa per impedire la realizzazione di impianti che consentissero la produzione di questo tipo di energia alternativa. GIANLUCA LAPINI, del CESI, denuncia come questo durevole ostracismo ci abbia reso meno avvantaggiati rispetto ad alcuni paesi europei

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L’energia del vento è ormai avviata a costituire una quota assai significativa dell’energia elettrica prodotta in Europa. L’accelerazione che la dinamica di sviluppo della fonte eolica ha subito negli ultimi anni è chiaramente percepibile nella continua revisione al rialzo delle stime della potenza eolica installata, fatte dalla Commissione Europea. Per esempio in uno studio del ’99 (EU Energy Outlook for 2020), si stimava che al 2010 sarebbero stati installati in Europa, 22.600 MW (megawatt) eolici, ma questo traguardo era in realtà già stato superato nel 2002.

Alla fine del 2006 la potenza eolica europea ha superato i 48.000 MW (su un totale di circa 74.000 MW installati a livello mondiale), e le stime più recenti indicano che al 2010 si potrebbero raggiungere i 75.000 MW (per intendersi si tratta di un buon 20% in più dell’intera potenza elettrica attualmente installata in Italia), con una produzione annua stimata di energia elettrica di 167 TWh (Terawattora), che rappresenterebbe circa il 5,5% dell’intera produzione europea di elettricità. Queste percentuali sono già oggi superiori nei paesi, la Germania e la Danimarca che hanno con più decisione imboccato la strada eolica; nel primo la produzione di elettricità da fonte eolica rappresenta attualmente circa il 10,5% dell’intera produzione, nel secondo circa il 20%.

Secondo alcune stime, al 2020 gli impianti eolici potrebbero fornire, in Europa, il 15-20% della produzione annua di energia elettrica. Il crescente peso degli impianti eolici si può anche percepire dalle stime che, ai ritmi annuali di crescita, nel periodo 2001-2010 essi rappresenteranno in Europa (circa il 50% della intera potenza elettrica di nuova installazione) implicando un investimento di quasi 50 miliardi di euro.

Ciò significa aver anche dato vita ad un nuovo settore industriale di avanzata tecnologia, che ha rivitalizzato ampi settori stagnanti dell’industria elettromeccanica, dando lavoro a migliaia e migliaia di persone.

In Italia, anche a causa di un regime di venti meno favorevole di quello del Nord Europa, il mercato eolico si è mosso con un certo ritardo, ma negli ultimi anni ha preso un discreto abbrivio, ed il fatto che il nostro mercato stia diventando importante viene dimostrato dallo svolgersi nel nostro Paese di importanti manifestazioni internazionali di settore, come l’annuale mostra-convegno dell’Associazione Europea per l‘Energia Eolica (EWEA). L’Italia è comunque al quarto posto in Europa, come potenza eolica installata (complessivamente circa 2100 MW a fine 2006) dopo Germania, Spagna, e Danimarca; le installazioni, che sono per la grandissima parte localizzate nell’Italia meridionale ed insulare, stanno aumentando al ritmo di più del 30% all’anno, e la percentuale di energia prodotta che finora è stata modesta, dovrebbe crescere entro il 2010 a circa il 5% della produzione elettrica nazionale, dando un significativo contributo al raggiungimento degli obbiettivi di penetrazione delle energie rinnovabili fissati dalla Commissione Europea. In Italia ha finalmente trovato spazio anche una discreta industria eolica nazionale, che fra operatori direttamente impiegati ed indotto si stima dia lavoro ad alcune migliaia di persone.

Il vento, che è stato per secoli una fonte energetica fondamentale per l’uomo, è dunque ormai ritornato ad essere una delle più concrete risorse a disposizione dell’umanità per soddisfare i propri bisogni energetici con una fonte energetica abbondante, pulita e rinnovabile, in grado di attenuare in modo significativo la dipendenza dai combustibili fossili. Si è trattato inoltre di una concreta testimonianza del fatto che le ingenti risorse di ricerca e sviluppo investite da trent’anni a questa parte in questo settore sono state in grado di far nascere una nuova potente industria, dando un significativo contributo al grave problema di conciliare bisogni energetici, salvaguardia dell’ambiente e sviluppo

Purtroppo nel nostro paese, non molto diversamente dà quanto succede per l’insediamento di impianti convenzionali di produzione di energia, anche gli impianti eolici fanno spesso fatica ad essere accettati dalle amministrazioni periferiche che ne devono autorizzare l’installazione; non sono infatti mancate le opposizioni di forti movimenti locali, spesso colorati di “verde” o di “l’Italia-non-si-tocca”, e che sono in genere espressione degli interessi turistici/paesaggistici, i quali non potendo in questo caso agitare il pericolo dell’inquinamento, hanno basato la loro contrarietà sul fatto che i grandi generatori eolici di potenza unitaria di qualche megawatt, che sono la taglia attualmente più usuale, con le loro grandi dimensioni (altezza 80-90 metri) possono effettivamente avere un impatto visivo significativo. A questi gruppi di pressione si uniscono a volte alcuni ambientalisti alla moda o noti tuttologi, forse solo preoccupati che la vista che si gode (o forse anche il valore) dalle loro ville al mare sia turbata dalla presenza dei generatori eolici. 

Un esempio recente di tali opposizioni è rappresentato dal parere negativo espresso dalla Regione Molise alla costruzione del primo parco eolico italiano offshore, da installare sui bassi fondali adriatici, circa 3 km al largo delle coste di Termoli. Il progetto prevedeva la costruzione di 54 generatori, per una potenza complessiva di circa 160 MW.

Ma non mancano anche gli esempi positivi, come l’accordo che l’Enel ha raggiunto lo scorso autunno col comune sardo di Portoscuso (nel distretto del Sulcis, a sud ovest dell’isola, dove già esiste un suo importante impianto termoelettrico) per la costruzione di un complesso di 39 aerogeneratori di grossa taglia, (2,3 MW ciascuno, prodotti da Siemens) per una potenza complessiva di quasi 90 MW.

In effetti nel nostro paese la sindrome NIMBY (Not In My Back Yard) non riguarda solo gli impianti nucleari o gli inceneritori di rifiuti, ma spesso anche quelli a fonti rinnovabili, ai quali, solo a parole, tutti sono favorevoli. Si deve quindi ricorrere a incentivi di varia natura, da parte dello Stato o delle aziende, per convincere le comunità locali ad accettare l’insediamento degli impianti sul loro territorio.

Non a caso nel suddetto accordo dell’Enel con il comune di Portoscuso sono previste anche altre iniziative locali nel campo delle energie rinnovabili, quali la realizzazione di impianti fotovoltaici e solari termici sugli edifici comunali (in pratica le contropartite che il comune ha ottenuto per il rilascio della concessione).

Comunque anche da noi, nonostante i Don Chisciotte locali non abbiano ancora imparato ad ascoltare i consigli del saggio Sancho Panza e vedano ancora qualcosa di minaccioso nel lento rotare delle pale dei mulini a vento, il vento sembra destinato a non soffiare più invano.







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