A chi troppo, a chi troppo poco: è la formula del tragico squilibro mondiale tra obesità e sottonutrizione. Ma è uno squilibrio che potrebbe essere ridotto se cadessero alcuni forti pregiudizi che bloccano innovazioni tecnologiche e rendono difficile ai Plant Scientist, ai biotecnologi vegetali, convincere l’opinione pubblica dei vantaggi di certe soluzioni ormai praticabili. Come quella proposta qualche anno fa da Ingo Potrykus e nota come Golden Rice.
Potrykus è appunto un biotecnologo: è chairman della Humanitarian Golden Rice Board & Network e inoltre membro della Pontificia Accademia delle Scienze. La sua idea risale alla fine degli anni ’80 quando ha pensato di modificare geneticamente il riso per produrne delle varietà che contenessero la proVitamina A: varietà battezzate come Golden Rice. Da allora non ha avuto pace e ha dovuto reagire a critiche continue, anche di tipo contraddittorio: come quelle di Vandana Shiva, che accusava il suo riso di contenere troppa vitamina A, con potenziali rischi di tossicità (ignorando il fatto che il Golden Rice contiene proVitamina A, non tossica, e non Vitamina A); ma poi ci sono state le critiche opposte da parte di Greenpeace, che invece riteneva troppo esigua la quantità di proVitamina.
Il professor Potrykus non sembra particolarmente provato da queste battaglie e ancora oggi, avendo lasciato l’incarico accademico all’ETH di Zurigo, non abbandona la sfida di contribuire al miglioramento delle condizioni alimentari dell’umanità. Ne ha parlato qualche giorno fa a Milano, nell’ambito delle manifestazioni per la giornata mondiale dell’alimentazione, alternandosi a Chiara Tonelli, Marisa Porrini e Piero Morandini, dell’università di Milano, nel delineare lo scenario mondiale del troppo-troppo poco.
Incontrandolo, abbiamo avuto modo di cogliere la sua preoccupazione per una situazione dove i dati macroeconomici segnalano una riduzione degli investimenti nello sviluppo agricolo a livello mondiale; e ciò a fronte di una situazione globale con più di un miliardo di persone affamate o malnutrite. Il guaio è che anche gli occidentali, che godono di una sovrabbondanza alimentare, rischiano le gravi conseguenze di una dieta squilibrata: conseguenze che hanno i tristi nomi di obesità, malattie cardiovascolari, tumori. C’è da aggiungere che, se in molti Paesi le rese della produzione agroalimentare stanno aumentando, ciò non accade in Italia, che rischia di essere confinata, da questo punto di vista, ai margini dell’innovazione tecnologica.
Potrykus ci parla di una fame nascosta, che si chiama carenza di micro nutrienti: «Le carenze di micronutrienti più devastanti sono frutto di una ridotta assunzione nella dieta di ferro, vitamina A, iodio e zinco. La carenza di vitamina A (Vitamin A Deficiency,VAD) è prevalente tra i poveri, la cui dieta è basata sul riso perché il riso non contiene proVitamina A (poi convertita in vitamina A). Una dieta basata principalmente sul riso comporta VAD e colpisce specialmente bambini e donne in gravidanza, portando a diverse conseguenze la cui gravità è proporzionale all’entità della carenza». La prima manifestazione é la xeroftalmia, cioè l’impossibilità di produrre lacrime con conseguente secchezza degli occhi, per poi passare alla cecità notturna fino ad arrivare alla cecità totale e irreversibile. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), la VAD rende 250.000 – 500.000 bambini ciechi ogni anno. Ma la cecità è solo un sintomo di una malattia ben più grave: più della metà muore entro un anno da quando diventano ciechi.
«La carenza di vitamina A – osserva Potrykus – compromette il sistema immunitario di circa il 40% dei bambini con meno di cinque anni nei Paesi in via di sviluppo, aumentando grandemente la severità di comuni infezioni, causando spesso la morte. La VAD è molto grave nel SudEst asiatico e in Africa. Per i 400 milioni di poveri che consumano riso, le conseguenze mediche sono fatali: vista compromessa, nei casi estremi cecità irreversibile; integrità epiteliale compromessa, che espone ad infezioni; ridotta risposta immunitaria; ridotta emopoiesi e crescita dello scheletro».
Si stanno, certo, facendo sforzi per rimediare. Potrykus cita l’OMS che investe 90-100 millioni di $ all‘anno per la distribuzione di pillole di vitamina A; ci sono azioni di educazione, per favorire una dieta diversificata; si parla di creazioni di orti domestici e di promozione di piante ricche in proVitamina A. «Ma non basta. Nonostante questo, 500.000 bambini ogni anno diventano ciechi per carenza di vitamina A e ne muoiono fino a 6.000 al giorno per malattie sempre legate a carenza della stessa vitamina. Servono nuovi approcci, a complemento di quelli tradizionali: ci vuole una biofortificazione, con l’aggiunta di micronutrienti per via genetica».
Un esempio è proprio il Golden Rice. «Il riso è alimento fantastico ma non ha la proVitamina A: ecco allora il concetto transgenico: introdurre in modo opportuno tutti geni necessari. Abbiamo ingegnerizzato la sintesi di provitamina A nell’endosperma del riso, attivando enzimi che lì non erano attivi. Questo è il Golden Rice, che contiene due nuovi geni: uno del mais e uno da un batterio del suolo, ma non contiene un gene marcatore».
La visione del nostro biotecnologo è grandiosa: «Semi di varietà di Golden Rice adattate alle condizioni locali potranno allora essere forniti gratuitamente e senza limitazioni ai contadini in un progetto umanitario; i contadini potranno usare parte del raccolto per la semina e non serviranno altri input, tipo fertilizzanti o agrochemical. Ma, ripeto, si tratta di una soluzione complementare, non alternativa».
L’opposizione comunque è ancora forte e usa argomenti a effetto ma scorretti: come quello che i bambini dovrebbero mangiare 9 kg al giorno di questo riso per avere gli effetti voluti. Invece basterebbe neppure un grammo in più di quanto mangiano ora se avessero piante di riso anche con solo 2 microgrammi di proVitamina A; non c’è quindi il rischio del sovradosaggio.
Così Potrykus continua la sua battaglia e indica le prossime tappe: «Nel 2010 avremo il completamento delle varietà, le prove di campo in diversi siti e la registrazione delle varietà. Nel 2011 l’approvazione dagli organismi competenti e la moltiplicazione e distribuzione del seme. Dal 2012 l’inizio della produzione in campo».