Se dovete insegnare a un bambino ad andare in bicicletta e volete semplificarvi la vita, chiedete consigli a Carlo Buora, un ingegnere che si occupa di consulenza in sistemi informativi ma che ha trasformato la sua passione per l’andare in bici in una appassionata e intrigante ricerca sul perché é così facile imparare a padroneggiare questo comune mezzo di trasporto. Vi dirà che dovete fare come ha fatto lui con sua figlia: invece di correrle a fianco tenendo il sellino e insistendo perché andasse “diritto”, le diceva di “fare curve, continuamente, solo curve”.
Come sia arrivato a scoprire questa elementare regola, Buora lo spiega in un libro appena uscito da Liguori il cui titolo, “L’intelligenza degli indizi”, fa intuire che non si tratta di un manuale pratico né di una ennesima storia della bicicletta ma di molto di più: vi si intrecciano storia della tecnologia, meccanica applicata, pedagogia e epistemologia. Insomma, è un libro sulla conoscenza e lo stesso autore, incontrato pochi giorni prima del Meeting di Rimini, non nasconde la sua emozione nel trovare una clamorosa corrispondenza tra il contenuto delle sue riflessioni e il tema dell’evento riminese, la conoscenza come avvenimento.
«Ho chiesto a molti amici con lauree in fisica o ingegneria perché una bicicletta stava in piedi. Ne ottenevo sguardi un po’ vuoti, risposte a volte strane (spesso sugli effetti giroscopici); raramente e non senza notevoli suggerimenti e spintarelle ci si avvicinava alla risposta giusta. E intanto pensavo che se anche gli scientifici non avevano una idea del perché la bicicletta stesse in piedi tutti (quasi tutti almeno) andavano in bici senza saperne il perché. Dovevo per forza concludere che la gente può imparare senza sapere che sta imparando né che cosa esattamente impara. Questo imparare senza sapere mi affascinava».
Ne è seguita un’intensa fase di ricerca, un vero lavoro di archeologia scientifica per ricostruire la storia scientifica della bicicletta, arrivando a una buona spiegazione su come funziona: «Per vedere come funziona si può far finta che il guidatore stia fermo, pedali ma non guidi. In questo caso due equazioni differenziali mostrano che non solo è facile guidare la bicicletta ma che questa è addirittura auto-stabile per delle velocità assolutamente normali. Auto-stabile significa che anche se spinta lateralmente non cade. Anche al di fuori di queste velocità è molto facile stabilizzarla con piccolo interventi».
Il segreto quindi è di non opporsi alla bicicletta tentando di mantenere un impossibile equilibrio. E qui emerge l’interesse più profondo di Buora che è quello relativo alla conoscenza. Buora lo tratta, da ingegnere, a partire dalla riflessioni sulla natura della abilità pratica, quella che in pedagogia e soprattutto oggi nel mondo del lavoro viene identificata col termine inglese intraducibile “skill”.
«La bicicletta è un caso interessante per approfondire la natura dello skill. Se la gente in un modo o nell’altro impara ad andare in bici, allora due cose devono succedere: la bicicletta in qualche maniera deve mandare qualche messaggio al volenteroso apprendista e questi deve farci attenzione e non lasciarselo sfuggire. Lo skill è questa modalità di comprensione che avviene durante l’azione, un’azione rapida in cui sono coinvolte aspettative, successi e insuccessi».
Allora imparare ad andare in bicicletta è un gesto di intelligenza? «Sì, lo possiamo chiamare un atto dell’intelligenza degli indizi, per quanto piccoli. Ci vuole attenzione, vera comprensione anche se non cosciente; in ultima analisi, bisogna “capire i messaggi”. Ma capire dei “messaggi” nel corso di un’azione in cui sono coinvolti grandi successi/insuccessi è qualcosa che nella vita succede spesso.
«In effetti è qualcosa di abbastanza comune, come quando uno decide di sposarsi, di scegliere il lavoro, di diventare amico di uno, di seguire un capo, di credere a un insegnante, a un profeta, a un angelo. La fede è fiducia ma per avere fiducia bisogna avere buoni motivi e i buoni motivi sono il frutto della comprensione dei messaggi».
Che tipo di messaggi? «Beh spunti, accenni, indizi, brani di percezione che colpiscono immediatamente come veri, immediatamente perché o il tempo è poco o la corda toccata da tali indizi è profonda o l’uno e l’altro. L’unico autore che parla in modo esteso e profondo della necessità per la vita di questa comprensione è Luigi Giussani che così viene espressamente richiamato nel libro. Un altro autore che sicuramente ha avuto comprensione di indizi è Einstein, che peraltro è fortemente coinvolto sul tema bicicletta proprio per via della forza centrifuga. Così ho voluto che le immagini di questi due grandi uomini mentre vanno in bici chiudessero il libro».
(Mario Gargantini)