Il telescopio spaziale Hubble ci sta regalando gli ultimi spettacoli di una esaltante e ultraventennale carriera e in questi giorni si accinge a una nuova performance. Il suo occhio (cioè lo specchio primario di 2,4 metri di diametro) è molto potente e lungimirante, ma, come i nostri occhi, ha dei problemi quando deve fissare direttamente il Sole; e nella notte tra il 5 e il 6 giugno prossimi sul disco solare si produrranno le immagini di un fenomeno imperdibile e raro: il pianeta Venere passerà tra la Terra e il Sole producendo una micro eclissi, cioè mostrando un piccolo disco nero sulla superficie dorata della nostra stella. Un evento che Hubble non poteva perdere, anche perché il fenomeno si manifesta quattro volte ogni ciclo di 243 anni, con due transiti distanziati di 8 anni e altri dopo 121,5 e dopo 105,5: il passaggio precedente è stato nel giugno 2004 ma per il prossimo bisognerà aspettare il 2117.
Come fare allora a puntare lo sguardo sul disco solare per le quasi sette ore nelle quali avverrà il magico passaggio, per filmarlo e captarne tutte le informazioni preziose? L’idea degli scienziati della Nasa è presa a prestito dai Luna Park: basta fare un gioco di specchi; e questa volta lo specchio ce lo regala la Luna. Il nostro satellite non è liscio e cristallino come credevano gli antichi: ormai da quando Galileo ha puntato verso l’alto il suo cannocchiale, sappiamo che la superficie lunare è rugosa, accidentata, con avvallamenti e crateri; negli ultimi 50 anni li abbiano anche visti da vicino questi crateri e le carte topografiche lunari sono ormai molto dettagliate.
Alcuni sono molto grandi, come il cratere Tycho, dedicato al grande astronomo danese che poco prima di Galileo aveva proposto un modello di universo intermedio tra quello tolemaico e quello copernicano. Tycho ha un diametro di circa 80 km ed è circondato da un bordo rialzato di quasi 5 km; ma il fondo del cratere è abbastanza piatto e liscio da funzionare egregiamente come specchio. Hubble punterà proprio lì il suo occhio e lì vedrà, in modo sicuro e protetto, la macchiolina nera di Venere attraversare la infuocata superficie solare.
Lo scopo di tutto questo lavoro potrebbe essere anche solo la curiosità di osservare un fenomeno raro e suggestivo; e potrebbe essere una motivazione sufficiente per giustificare gli sforzi tecnologici e organizzativi che una simile impresa comporta: in un momento storico come il presente, è molto significativo che ci sia gente desiderosa di “guardare” i fenomeni cosmici, di “vedere” nel modo migliore quello che la natura offre gratuitamente al nostro sguardo, di tentare di “comprenderne” funzionamento e senso.
Tuttavia in questo caso ci sono anche motivazioni scientifiche ben precise. Già in passato il passaggio di Venere sul Sole ha animato la comunità astronomica e, pur con strumenti meno sofisticati, è stato utilizzato come situazione ideale per ottenere dati utili per calcolare le distanze nel Sistema solare. In particolare, la distanza media Terra-Sole, adottata ufficialmente come Unità Astronomica il cui valore nel 1976 è stato definito in 149.597.870 km.
Ora però uno dei temi di massimo interesse per gli astrofisici è la ricerca di eventuali forme di vita extraterrestre e l’attenzione si concentra sulle atmosfere di pianeti e satelliti sia del nostro sistema solare che dei tanti altri che stanno spuntando nei cataloghi astronomici. Anche l’atmosfera di Venere è sotto controllo, benché sia già del tutto chiaro che si tratta di un ambiente per nulla adatto ad ospitare la vita; il suo studio però è utile per conoscere meglio l’evoluzione planetaria e, dopo alcune missioni passate, ora c’è un satellite europeo, Venus Express, con un ampia presenza italiana, che la sta scrutando da vicino.
Le prossime osservazioni “a specchio” avranno quindi un’utilità indiretta: costituiranno un test sperimentale per mettere a punto un metodo di osservazione che potrebbe poi essere utilizzato in altri contesti. Infatti, della luce solare riflessa dalla Luna Hubble cercherà di isolare la frazione che passa attraverso l’atmosfera venusiana: da lì ricaverà informazioni sulla composizione chimica atmosferica del pianeta. Sono dati già noti per altra via ma in tal modo sarà possibile testare il metodo per poi applicarlo per analizzare l’atmosfera dei pianeti giganti che si trovano fuori del nostro Sistema Solare quando passano di fronte alla loro stella. Venere, per dimensioni, posizione e tipo di atmosfera è un ottimo banco di prova per la nuova tecnica di indagine.
Lasciando agli astrobiologi la successiva analisi dei risultati, ci si può chiedere chi, oltre ad Hubble, potrà osservare il singolare passaggio la notte tra il 5 e il 6. Tutti, dagli schermi dei computer, collegandosi con vari siti a partire da quello dedicato (www.transitofvenus.org). La visione diretta – ovviamente con le dovute precauzioni per proteggere gli occhi – sarà possibile interamente solo dal Pacifico occidentale, dall’Asia orientale, dall’Australia e alle alte latitudini; per la maggior parte dell’Europa il Sole sorgerà alle 6 quando il fenomeno sarà nelle sue fasi conclusive. In ogni caso comunque quello che si vedrà sarà poco più che un puntino trenta volte più piccolo del disco del Sole.
In Italia la mattina del 6 giugno il Sole sorgerà alle 5:18 a Lecce e alle 5:43 a Torino: la macchiolina di Venere inizierà a uscire dal bordo del Sole nascente alle 6:38: quindi ci sarà più o meno un’ora per gustarsi la scena.