ONDE GRAVITAZIONALI/ La straordinaria “fantasia” di due stelle di neutroni

- Mario Gargantini

E' stato catturato il segnale generato dalla fusione di due stelle di neutroni, così dense da costituire uno stato estremo della materia. Ieri l'annuncio della scoperta. MARIO GARGANTINI

astrofisica_collisione_stelle_neutroni_infn_2017 La collisione simulata di due stelle di neutroni (Foto INFN)

ONDE GRAVITAZIONALI. Non è ancora stato consegnato il premio Nobel per la fisica 2017, assegnato agli scienziati della collaborazione LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) per la rilevazione delle onde gravitazionali, e già arrivano grandi novità proprio da questo settore dell’astrofisica. Il premio che Rainer Weiss, Barry C. Barish e Kip S. Thorne ritireranno a Stoccolma il prossimo 10 dicembre sancisce infatti la nascita di una nuova astronomia, l’astronomia multi-messaggero. È chiamata così quella che studia l’universo leggendo i messaggi che ci arrivano non solo sotto forma di luce visibile, la luce di stelle e galassie che i telescopi raccolgono e amplificano, ma anche sotto forma di onde elettromagnetiche a tutte le gamme di frequenza (radioonde, microonde, infrarossi, UV, Raggi gamma); e poi ancora decifrando i messaggi veicolati dai neutrini, che vengono catturati nei grandi laboratori sotterranei come quelli sotto il Gran Sasso; e infine, leggendo e interpretando il linguaggio “einsteiniano” delle onde gravitazionali, quelle increspature dello spazio-tempo prodotte da grandi cataclismi cosmici e che ora siamo in grado di captare.

L’annuncio dato ieri pomeriggio è il primo risultato clamoroso proprio nell’astrofisica multi-messanger e mostra le grandi potenzialità di questo nuovo modo di indagare l’universo, unitamente alle straordinarie capacità degli apparati strumentali oggi disponibili e al vantaggio della loro collaborazione. L’annuncio infatti è stato dato nel corso di una triplice conferenza stampa in simultanea da tre location dislocate tra Stati Uniti ed Europa: a Washington presso la National Science Foundation (NSF), dove c’erano gli scienziati della collaborazione LIGO-VIRGO; a Monaco di Baviera, nel quartier generale di Garching dell’European Southern Observatory (ESO); e a Venezia dove la conferenza stampa era organizzata dalla European Space Agency (ESA). Contemporaneamente altri centri in Italia hanno rilanciato e seguito in tempo reale gli eventi, in particolare durante l’incontro “Gravity under a New Light”, organizzato dal Dipartimento di Fisica e Astrofisica dell’Università di Milano-Bicocca e dal Dipartimento di Scienze Matematiche, fisiche e informatiche dell’Università di Parma in collaborazione con l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e con la partecipazione dei ricercatori di Parma, Milano-Bicocca e Torino del nuovo gruppo Prometeo dedicato a questi temi. Dal Miur poi sono intervenuti, insieme alla ministra Valeria Fedeli, gli esponenti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dell’INFN.

Perché tanto interesse in Italia? Certo per la notizia in sé, che merita tutta l’attenzione e il risalto. Ma anche perché questa volta il risultato sperimentale è stato raggiunto contemporaneamente nei due centri americani di LIGO (Livingston, in Louisiana, e Hanford, nello stato di Washington) e dal rivelatore VIRGO, che ha sede allo European Gravitational Observatory (EGO) a Cascina, vicino a Pisa, fondato dall’INFN e dal Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) francese. I tre interferometri hanno raccolto le onde gravitazionali prodotte non dallo scontro di due buchi neri — come nel caso dell’evento che ha fruttato il premio Nobel — ma dalla fusione di due stelle di neutroni, avvenuta nella periferia della galassia NGC 4993, nella costellazione dell’Idra, alla distanza di 130 milioni di anni luce da noi, dieci volte più vicino dell’evento vincitore del Nobel.

Una stella di neutroni è una fase finale della tormentata vita di una stella quando, dopo essere esplosa come Supernova, la sua materia diventa estremamente densa, perde l’organizzazione abituale in elettroni, protoni e neutroni fino a risultare composta quasi esclusivamente da neutroni. Nel fenomeno oggetto della scoperta annunciata ieri, le due stelle in questione hanno iniziato ad avvicinarsi ruotando l’una attorno all’altra perturbando il campo gravitazionale al punto da lanciare le onde gravitazionali registrate nello scorso agosto da LIGO e VIRGO. Nello stesso tempo una settantina di telescopi, terrestri e spaziali, in grado di catturare segnali alle diverse frequenze dello spettro elettromagnetico, hanno puntato lo sguardo verso il punto di provenienza di quelle onde e hanno registrato segnali elettromagnetici: anzitutto i raggi gamma, dovuti agli spettacolari “lampi” (Gamma Ray Burst) ad altissima frequenza (miliardi di miliardi di Hertz) sprigionati dalle due stelle di neutroni che si fondono (come quei lampi di cui ha parlato su ilsussidiario.net Remo Ruffini commentando il recente Nobel).

Ma poi sono state raccolte anche radiazioni ad altre frequenze. Si può dire che, se con le onde gravitazionali sono stati ascoltati i suoni prodotti dalle stelle di neutroni, con le altre frequenze si sono visti i colori della luce prodotta dallo scontro: ovvero, se il film dell’universo visto da Galileo era in bianco e nero e muto, adesso lo spettacolo è in technicolor e con la colonna sonora.

L’osservazione di quanto è avvenuto 130 milioni di anni fa in quel remoto angolo di universo ha permesso ai ricercatori italiani che guidano le ricerche presso il telescopio VLT (Very Large Telescope) anche di scovare le preziose fabbriche cosmiche degli elementi più pesanti del ferro, come oro e platino, che non si formano durante le normali fasi dell’evoluzione stellare, come gli altri elementi, ma sono piuttosto dei sottoprodotti della fusione di due stelle di neutroni.

C’è un altro particolare dell’annuncio di ieri che vale la pena sottolineare. I segnali elettromagnetici, come i lampi gamma rilevati dai satelliti Fermi (Nasa) e Integral (ESA) — entrambi con rilevante contributi italiano —, sono stati ricevuti 1,7 secondi dopo quello dell’onda gravitazionale; è una differenza molto piccola, a detta degli esperti, e consente di affermare che le onde gravitazionali viaggiano alla velocità della luce, come aveva sostenuto Einstein cento anni fa.

La strada dell’astronomia multi-messaggero è dunque più che mai aperta e percorribile e in essa i messaggeri gravitazionali sembrano destinati a ricoprire un ruolo rilevante. Con la scienza italiana in prima fila: “L’Agenzia Spaziale Italiana — ha dichiarato ieri il presidente Roberto Battiston — è già impegnata per raggiungere la prossima frontiera: la realizzazione del grande interferometro LISA per la rivelazione delle onde gravitazionali nello spazio, capace di moltiplicare di ordini di grandezza la sensibilità a questo nuovo tipo radiazione”.





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