Il caso, di cui si sta parlando molto in queste ore in quanto il primo del genere in Italia, può suscitare ai lettori legittime domande. Si tratta infatti di un trapianto di reni utilizzando come donatore una persona, deceduta per altre patologie, ma che avevano intaccato anche i reni. Dunque non si è usato un donatore sano (cosa per la quale esistono purtroppo liste di attesa molto lunghe) ma uno malato anche lui costretto alla dialisi come la donna che ha ricevuto il suo rene. Come è stato possibile? Proprio per il fatto che il donatore non soffriva di patologie ai reni, e al momento dell’espianto il danno era ancora minimo e grazie a sofisticati macchinari è stato per così dire “riparato”. Si trattava di danno renale acuto significativo, ma potenzialmente regredibile. Invece il fegato dell’uomo era totalmente compromesso. E’ stata comunque una decisione molto ponderata, non presa a cuor leggero ma che sembra aver funzionato: dopo quindici giorni di terapia intensiva infatti la donna è stata dimessa (Agg. Paolo Vites)
TORINO, IL PRIMO CASO DEL GENERE
A Torino, presso l’ospedale Molinette della Città salute, un nuovo record per la sanità, decisamente “buona sanità” al contrario di come spesso siamo obbligati a leggere. Un intervento unico in Italia, la prima volta eseguito dal professor Luigi Biancone: un trapianto di rene da parte di un donatore in dialisi. Una paziente di 60 anni di età curata con dialisi da cinque anni a causa di una nefropatia per calcolosi stava peggiorando vistosamente. Per salvarle la vita si è deciso di ricorrere al trapianto di rene, che come si sa costringe a lunghe liste di attesa. Il professor Biancone invece ha deciso di effettuare il trapianto usando il rende di un paziente morto poche ore prima che anche lui era costretto alla dialisi continua. Il paziente infatti colpito da una patologia congenita, nel suo decorso in rianimazione ha avuto un grave peggioramento delle funzioni renali, tanto che la loro funzione si è spenta completamente e ha necessitato di dialisi per diversi giorni. L’organo del paziente deceduto era danneggiato, ma non in condizioni tali da non poter essere ancora usato e grazie a sofisticate apparecchiature è stato possibile migliorarlo ancora.
TORINO, TRAPIANTO DI RENI DA DONATORE DIALIZZATO
Alla biopsia risultavano dei segni di danno renale acuto significativo, ma potenzialmente regredibile e i parametri di perfusione davano un’iniziale difficoltà di circolazione poi migliorata dalla macchina, che è riuscita a rivitalizzarli e a rimetterli in condizione per un possibile trapianto. La coraggiosa operazione ha avuto successo: dopo 15 giorni di terapia intensiva la donna è stata dimessa dall’ospedale. Il medico chirurgo non ha nascosto le paure per una tale operazione: “Concedere il via libera al trapianto del rene è stato un atto di grandissima responsabilità medica eso possibile solo grazie all’enorme esperienza delle figure professionali che operano nell’ospedale Molinette e che hanno collaborato al trapianto. Quella notte abbiamo ragionato insieme in maniera approfondita prima di eseguire l’intervento e la strategia adottata si è dimostrata un successo”. Non solo: anche il secondo rene dell’uomo deceduto è stato usato per un analogo trapianto. Due vite salvate grazie a una persona sola, davvero un miracolo della medicina italiana.