È una minoranza della minoranza a cercare la violenza. Così è stato anche ieri in occasione dello sciopero per Gaza. E c'è una politica che approva
Vogliamo dirlo senza tanti giri di parole? In Italia c’è una minoranza della minoranza alla quale non interessano nulla le idee o i motivi di una qualsiasi protesta, pur di scendere in piazza, spaccare tutto e fare a botte con la polizia.
Protestare per la situazione di Gaza non solo era legittimo, ma probabilmente anche doveroso vista la situazione internazionale. Se Israele si permette di fare quello che vuole senza minimamente tener conto dei diritti delle popolazioni civili innocenti può essere ben comprensibile la volontà generale di manifestare e scendere in piazza, ma questo diritto non c’entra nulla con chi evidentemente lo fa con ben altri scopi.
Che siano la TAV, le pensioni, la scuola, gli immigrati, Gaza, la Palestina o qualsivoglia altra motivazione, c’è regolarmente la presenza tra la folla di chi vuole provocare scientemente la violenza intruppando insieme non solo frange estremiste, ma “maranza”, balordi, immigrati e facinorosi di ogni sorta (nel caso della Stazione Centrale anche i “residenti” senza fissa dimora delle vicinanze). Alla fine, però, questa non è più democrazia, ma violenza.
Vale per tutti, ma è anche giusto notare come di solito a spaccare tutto non siano però quelli che urlano “viva il Duce” ma il loro esatto contrario, anche se ricevono i tardivi distinguo di certe forze politiche – vedi Elly Schlein – solo quando superano il segno, mentre invece i ponti andrebbero chiariti e tagliati prima e non dopo i disastri degli ultrà.
È inaccettabile che il bilancio degli scontri di Milano davanti alla Stazione Centrale sia stato ieri di 60 agenti feriti e solo 10 dimostranti fermati: va bene la tolleranza, ma bisogna che inquirenti e giudici difendano la gran parte dei cittadini che possono perfino condividere le motivazioni delle proteste (il 60% degli italiani ritiene giusto riconoscere un qualche modo uno Stato palestinese) ma non devono sopportare la conseguenza delle violenze.
Cosa c’entrano, per esempio, Gaza e la Palestina con l’ormai consueto blocco della tangenziale di Bologna, l’assalto alla Stazione Centrale o bruciare le foto della Meloni?
Oltretutto, teoricamente, si raggiunge l’effetto contrario, perché se ora il governo “cedesse alla piazza” farebbe errore su errore.
Quindi non serve solo il coro consueto del “basta violenza” (come subito ripetono tutti i leader politici), ma bisogna avere il coraggio di dimostrarlo cauterizzandone le radici e i contatti, proprio perché – alla fine – si tratta sempre della stessa gente, ovvero di alcune migliaia di persone che si spostano ovunque ci sia da fomentare disordini, e che concludono i “festeggiamenti” spaccando vetrine e tirando bottiglie e pietre ai poliziotti.
Lo Stato democratico ha il diritto e il dovere di difendersi, ma deve farlo concretamente. Dunque si prenda atto da che parte viene effettivamente la violenza, chi la copre e anche chi la minimizza, perché la tesi dei “compagni che sbagliano” abbiamo già visto come è andata a finire.
Anche perché spesso, se appena si gratta sotto la vernice, ecco come anche i “distinguo” comincino subito a sparire o a diventare di fatto un’autorizzazione morale.
Se Nicola Fratoianni commenta che “La Meloni mostra la sua complicità con Netanyahu e per questo Alleanza Verdi Sinistra oggi è in tutte le piazze d’Italia, da nord a sud, blocchiamo tutto!” ecco come quel “blocchiamo tutto” diventa un comprensibile sponsor per chi lo intende alla lettera; e così facendo, una volta di più, vìola però anche i diritti di milioni di persone che possono pensarla allo stesso modo, ma hanno anche il diritto di muoversi e tra l’altro, di solito, non certo per diletto.
A questo proposito è ben strano che il Corriere della Sera sostenga che gli automobilisti romani bloccati in tangenziale abbiano comunque applaudito i manifestanti: a parte un tizio con il pugno chiuso e una che si sbracciava in motorino, le facce della gente in coda – guardando proprio i video del Corriere – sembravano esprimere l’esatto contrario.
Oltretutto, se l’ormai consueto sciopero settimanale del venerdì mattina di Mister Landini ha un’ormai evidente motivazione politica per creare visibilità personale al leader della Cgil (ai fini della prossima resa dei conti all’interno del Pd), la legittima protesta di ieri per colpa di una minoranza è diventata uno show di violenza pura, fine a sé stessa. Una violenza inutile, pericolosa e che va impedita. Punto e basta, senza tanti giri di parole.
(marco.zacchera@libero.it)
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