SCUOLA/ Bandiera gialla: come comincia la distruzione dell’identità nei bambini

- Giuliano Romoli

In un istituto del pistoiese una circolare sancisce l'inizio di una pericolosa e pervasiva campagna "educativa" gender fluid nemica dei bambini

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Un grembiule giallo per bambini e bambine così da favorire la parità di genere è quanto consigliato per il prossimo anno scolastico dal dirigente dell’Istituto comprensivo “Salutati-Cavalcanti” per la scuola materna di Borgo a Buggiano, in provincia di Pistoia. Giallo prescrittivo per l’anno 2023/24.

La decisione è stata presa dal collegio docenti e dal consiglio di istituto non senza dibattito interno, perché a maggioranza e non all’unanimità.

Il dirigente scolastico giustifica la decisione con l’idea che rimuovendo certi stereotipi come grembiulino blu per i maschi e grembiulino rosa per le femmine si possano sviluppare le personalità dei bambini in maniera più libera che non all’interno di certe strutture che creiamo noi adulti a carico dei bambini.

Il delirio gender si è abbattuto ormai pesantemente anche sull’istituzione votata all’educazione, la scuola, con apatico consenso di dirigenti e insegnanti.

Tant’è vero che nessuna opposizione è stata fatta contro l’istituzione della giornata contro l’omotransfobia, celebrata col pretesto canonico di affermare parità di diritti per persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (Lgbti).

La scuola da sempre educa alla parità dei diritti di tutti in quanto persone. Non si capisce perché tra tutti occorra focalizzare l’attenzione su persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali.

Forse non ci si rende conto dell’impatto pedagogico che ha il pretestuoso contrasto all’omotransfobia e a tutto il resto. La trattazione di questo argomento rende inevitabile spiegare ai bambini chi è un omosessuale, chi è un bisessuale, chi è un transessuale, chi è un intersessuale, con le domande che ne seguono necessariamente, sia per la questione identitaria sia per i comportamenti sessuali.

Immaginate una maestra che spiega ai bambini come avvengono i rapporti sessuali tra omosessuali? Oppure che spiega come fa un maschio a diventare femmina? Oppure che parla di quelli che a giorni alterni si sentono maschi e femmine?

Ma forse questo è l’obiettivo che si cela ipocritamente dietro il nobile intento di difendere i diritti di tutti: far conoscere ai bambini la paccottiglia gender.

Il pretesto di educare alla parità di diritti, al contrasto del bullismo e della violenza di genere promuove in effetti l’equiparazione di ogni orientamento sessuale e di ogni tipo di “famiglia”, la prevalenza dell’“identità di genere” sul sesso biologico, la sessualizzazione precoce dei bambini, la decostruzione di ogni comportamento o ruolo tipicamente maschile o femminile perché derivato non da fattori genetici ma da retaggio socio-culturale.

L’associazione “Pro vita e famiglia” ha raccolto negli anni molti progetti realizzati nelle scuole, rivolti alla legittimazione dell’ideologia gender.

Vi si leggono cose come: “Gli stereotipi relativi al genere (essere maschio o femmina) condizionano la nostra educazione sin dalla nascita”.

“Cancellare la festa del papà e della mamma per non discriminare i bambini con famiglie “diverse” (in particolare, omosessuali), sostituite dalla “festa delle famiglie”.

“Gli insegnanti dovranno tentare di fare immedesimare gli alunni ‘eterosessuali’ con gli ‘omosessuali’ e mettere gli alunni in contatto con sentimenti e emozioni che possono provare persone gay o lesbiche”.

“Spettacolo teatrale Fa’afafine su un bambino ‘gender fluid’ o ‘gender creative’ di nome Alex: Alex ha sempre le idee chiare su ciò che vuole essere: i giorni pari è maschio e i dispari è femmina (…)”.

“L’identità di genere è un processo ‘appreso’ non naturale (…) la pratica educativa è uno strumento prezioso per disfare l’ordine di genere”. Un cambiamento che passa attraverso un’educazione “a trasgredire le norme dell’ordine di genere e a superare il confine simbolico che separa dicotomicamente il maschile dal femminile per offrire strade plurali alla ricerca di sé”.

Pseudo corsi di “educazione affettiva” rivolti alle quarte e alle quinte: un’educazione all’affettività che però veicola ben altri contenuti come: masturbazione, uso del preservativo, omosessualità, identità di genere e sesso orale. Quest’ultimo argomento, tra l’altro, affrontato ad un’età precocissima (parliamo di bambini tra i 9 e i 10 anni).

Tralascio una caterva di altre iniziative che sembrano pensate per pervertire la naturale innocenza dei bambini e confondere il processo di definizione e consolidamento dell’identità negli adolescenti. Chi si vuole informare può scaricare il dossier di Pro vita e famiglia qui.

Quali diritti contrasta un grembiulino azzurro, quali diritti lede un grembiulino rosa? Se la personalità di un bambino si sviluppa come “maschio” e la personalità di una bambina si sviluppa come “femmina” è pedagogicamente scorretto? È meglio che la personalità di un bambino si sviluppi come “femmina”?

Solo che si attivi di poco la ragione, tutto l’armamentario gender appare delirante. E noi dovremmo educare a questo i nostri bambini? Non è meglio parlare ai bambini di bellezza, di stupore, di gioia, di speranza, anche di sofferenza e di dolore, ma in una prospettiva di accoglienza e di condivisione?

E se invece della giornata contro l’omotransfobia si istituisse la giornata del creato, o dell’amicizia, o del dono, o della gratitudine?

Si tratta di una questione cruciale per il futuro dei nostri bambini. Vogliamo che crescano con una visione limpida della realtà o li lasciamo impegolare in un miasma che ne intacca irreparabilmente la freschezza? Quale futuro ci attende?

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