Fare il ministro dell’Istruzione non è semplice nel nostro Paese. Non lo deve essere, a maggior ragione, per chi l’incarico se lo è visto piovere sulle spalle dalla sera alla mattina. Ce la farà?
Il primo banco di prova che attende il neoministro dell’Istruzione (pardon: ministra, come è specificato nel sito del Miur) Lucia Azzolina, in quota Movimento 5 Stelle, è il sistema di reclutamento del personale scolastico, vera pietra d’inciampo di tutti i ministri della scuola.
Appena insediata, la nuova titolare di Viale Trastevere ha dichiarato di voler lavorare subito ai concorsi (sono quattro) per la scuola dell’infanzia e primaria, per la secondaria (ordinario e straordinario), per i docenti di religione. La pubblicazione dei bandi sarebbe in tutti i casi imminente: 17mila docenti circa da immettere nella scuola dell’infanzia e primaria tramite concorso ordinario; 24mila posti disponibili per l’ordinario della scuola secondaria di primo e secondo grado e altrettanti per quello straordinario; infine, novità assoluta, un numero imprecisato (5-6mila) di cattedre per insegnanti di religione per i quali al momento è prevista solo la prova ordinaria.
Vediamo allora le pietre d’inciampo, cominciando dall’ultima: la questione degli insegnanti di religione. Su di essa s’è accesa la polemica perché sulla base del decreto legge 126/2019 potrebbero beneficiare, dopo 15 anni di vuoto legislativo, di un concorso ordinario con riserva di posti (emendamento Toccafondi), ma non di un concorso riservato. Lo Snadir (sindacato degli insegnanti di religione) sostiene con posizioni durissime che la riserva di posti è discriminatoria e selettiva, determinando l’uscita dalla scuola di docenti del settore in servizio da anni. La rivendicazione di un concorso riservato come per i precari delle altre discipline ha trovato l’appoggio delle (attuali) forze di opposizione. Lo schieramento di maggioranza tramite Toccafondi (Italia viva) risponde che una riserva è meglio di niente.
Che farà il nuovo ministro che ha più volte dichiarato, prima e dopo la nomina, che il decreto-madre (126/2019) da cui dipende la materia è “solo un inizio, non un punto d’arrivo”? Ma che farà soprattutto stante una certa disponibilità del M5s (Progetto di legge Frate Angiola) ad un concorso straordinario per titoli e servizio riservato agli insegnanti di religione? Si vedrà.
Per quanto riguarda la scuola secondaria, anche qui non mancano le tensioni. Il bando per la prova ordinaria è atteso per febbraio: entra chi ha un titolo abilitante (compresi i famosi 24 crediti universitari) o di specializzazione sul sostegno. Sul sito del Miur si legge (a inusuale sua discolpa) che “la pubblicazione dei tanto attesi concorsi scuola per docenti 2020 è in ritardo sulla tabella di marcia [dato che] le dimissioni inaspettate del precedente Ministro dell’Istruzione Fioramonti hanno complicato le cose, inoltre si è aggiunto anche lo sdoppiamento del Miur”.
Contestualmente dovrebbe partire il concorso straordinario e abilitante rivolto ai docenti della scuola statale con tre anni di servizio anche sul sostegno. I docenti della non statale, solita discriminazione, vi potranno partecipare solo ai fini abilitanti.
Ma dove sta il cuore della polemica? Sta nel test a crocetta previsto per il superamento dell’esame, definito più decorosamente dal Miur una “prova scritta, da svolgere su pc, composta da quesiti a risposta multipla, per superare la quale occorrerà aver conseguito un punteggio minimo di sette decimi”. Numerosi gruppi di docenti si appellano al ministro perché tenga conto, nella stesura del bando, anche del merito e dell’esperienza più che dell’abilità a mettere giù delle croci. Ma tant’è, questo è il menu, per ora.
La nuova ministra, peraltro, sembra impegnata soprattutto sul tema del sostegno (tra le sue priorità v’è un nuovo ciclo di formazione degli insegnanti specializzati) e, magari è anche interessante, sull’innovazione didattica per la quale prevede un confronto tra docenti e dirigenti sulle buone pratiche. Un umile suggerimento: perché non farlo diventare di ampio respiro, includendo le associazioni professionali nazionali?
Zero parole, invece nelle sue dichiarazioni programmatiche assegna al tema dei Percorsi abilitanti speciali (Pas). Tante sono le pressioni perché ripartano, ma anche su questo fronte si vedrà.
Resta l’argomento spinosissimo del contratto, che Azzolina ha dichiarato di voler mettere al centro della sua attenzione. I pochi soldi messi a disposizione dell’Istruzione dalla legge di bilancio e che hanno determinato la rinuncia del predecessore Fioramonti non fanno sperare niente di buono.
Non mancano a questo livello le riflessioni. A ogni nuovo cambio di ministro della scuola è scontato chiedersi: introdurrà un sistema per cui il docente italiano possa ritenersi non solo un volontario, ma anche un professionista? Nel caso la ministra optasse per la seconda alternativa, quella cioè di uno stato giuridico rinnovato della funzione docente che prevede anche più elevati livelli salariali nel rispetto di competenze educative così importanti per il lavoro con i ragazzi di oggi, potrebbe da “ministra per caso” passare alla storia.
È lecito dubitarne, ma, ancora una volta, si vedrà.