A febbraio ho terminato di leggere con i miei alunni e alunne delle scuole medie il racconto del viaggio di Enaiatollah Akbari, raccolto dalla voce di Fabio Geda nel libro Nel mare ci sono i coccodrilli. Erano i giorni appena precedenti lo scoppio del conflitto in Ucraina, e senza soluzione di continuità avevo il bisogno di rimanere sulle domande che anche in quell’occasione i miei alunni mi stavano ponendo. In quei giorni mi sono chiesta più volte come mai le ore di lezione che avevamo dedicato alla lettura del libro di Geda e alla ripresa del testo fossero state così belle, così piene di silenzio e di attenzione.
Qualcuno aveva persino mostrato l’interesse di leggere anche Storia di un figlio. Andata e ritorno, il libro in cui Fabio ed Enaiat accompagnano nel seguito della vicenda, nel diventare uomo di chi – da bambino – era stato costretto a lasciare la sua terra e la sua famiglia.
In quei giorni mi sono accorta che non era stata soltanto la magia della lettura, quel miracolo che accade ogni volta che si apre un romanzo e gli si dà voce in classe, lasciando risuonare in sé i nodi profondi dell’essere uomo che la letteratura e la poesia svelano e portano alla luce, offrendoci un terreno fertile per costruire la nostra umanità.
Mi sono accorta che c’era, questa volta, qualcosa di più: “Sono belle queste storie”, mi ha detto un’alunna, perché sono “vere”. Non era, però, una ragione che mi bastava: anche i social, in fondo, e le stories che i miei alunni guardano continuamente, fanno incontrare personaggi “veri”, vivi, reali (influencer, youtuber, following più o meno famosi o vicini di casa). Qual era, allora, la differenza?
C’era dentro, in quelle ore di lezione, la cura e la pazienza di un incontro, dell’incontro con una vita che si svelava ai nostri occhi e al nostro cuore man mano che andavamo avanti nella lettura, man mano che i giorni di scuola passavano, man mano che affrontavamo le domande che emergevano sulla storia di Enaiat e man mano che provavamo insieme a rispondervi, a ricercare, a documentarci, a provare a capire. A incontrarlo, insomma, e a lasciarci interrogare dalla sua storia nel tempo disteso di un’amicizia.
Mi sono accorta che il lavoro in classe, la lettura a casa, le ore che gli abbiamo dedicato ha rappresentato per loro la novità del tempo lungo di un incontro in cui si snodano pensieri, relazioni, in cui insomma si sviluppa e cresce la vita, e che dai frammenti dei social ricuce il tessuto di una storia.
Trovandomi perciò qualche giorno fa a dover scegliere un testo su cui lavorare in classe nelle ore di narrativa, di fronte alle domande e ai dialoghi che abbiamo avuto anche sulla guerra in Ucraina, ho deciso di assecondare il loro desiderio proponendo altre storie che potessero essere occasione d’incontro con persone significative, e al tempo stesso potessero essere cassa di risonanza di ciò che abbiamo cercato di seguire e capire, aprendo per tutti orizzonti che ci aiutassero a decifrare il presente, a viverlo e ad attraversarlo.
È così che, esplorando la mia libreria, ho portato in classe dei testi e li ho presentati agli alunni, chiedendo a ciascuno di sceglierne uno da leggere a partire da ciò che li colpiva e interessava di più. Anche se non ho ancora alcun esito di questa proposta, li condivido come suggerimenti e spunti di lettura, perché qualcuno di loro possa offrire l’occasione di riservagli un posto nel cuore, una finestra insieme sull’anima e sul mondo.
Il primo libro che ho presentato è Stanotte guardiamo le stelle (di Alì Ehsani, Feltrinelli), che racconta una storia simile a quella di Enaiat, e come la sua unica, irripetibile, piena di dolore e difficoltà, ma anche di speranza: è la storia di Alì, che un giorno a Kabul, tornato da scuola, trova la sua casa distrutta e scopre dal fratello maggiore che i genitori sono morti e che per loro non resta che andarsene, affrontando un lungo viaggio che attraversa diversi confini e giungerà, dopo vicende drammatiche e incontri salvifici, fino in Italia.
Il secondo è la Storia di Iqbal (Francesco D’Adamo, EL), che racconta le vicende di un ragazzo coraggioso, ucciso a tredici anni in Pakistan per aver denunciato il lavoro minorile in una fabbrica di tappeti.
Con la terza storia (Continua a camminare, di Gabriele Clima, Edizione Feltrinelli) ci spostiamo in una Siria occupata dal Daesh, dove si intrecciano le vite di Salini e Fatma, un ragazzo e una ragazza così diversi che il cammino reciproco porterà a incontrarsi.
Sempre legato alla guerra in Siria, un graphic novel edito da Mondadori Comics (Haytham. Crescere in Siria, di Nicholas Hènin e Kyungeun Park), ci fa conoscere la storia di Haytham al-Aswad, fuggito in Francia per scappare dalla guerra con la propria famiglia.
Non poteva mancare, tra queste letture, il Diario di Zlata. Una bambina racconta Sarajevo sotto le bombe, di Zlata Filipović, il diario di una ragazza di undici anni con i sogni e le speranze di ogni ragazza di quell’età e che si trova d’improvviso, nel 1992, a vivere in una città in guerra.
L’ultimo romanzo che ho presentato è Blackbird. I colori del cielo di Anne Blankman (Giunti Editore), che racconta a capitoli alterni la vicenda di Valentina e Oksana, due ragazze che vengono evacuate da Pripyat dopo l’incidente nucleare di Chernobyl in seguito al quale muoiono i padri di entrambe e che si trovano da rivali a diventare amiche, grazie anche alla cura di un personaggio di cui è narrata parallelamente la storia della fuga dai nazisti nella Seconda guerra mondiale.
Sono storie, queste, che possono offrire ampi spazi di confronto e che, anche in questi tempi, possono farci compagnia.
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