In questi anni la scuola è stata pacificamente “invasa” da educazioni: l’educazione digitale, l’educazione alimentare, l’educazione ambientale, l’educazione affettiva, l’educazione alla salute, l’educazione civica…
Aggiungere a quello che si fa già a scuola temi, argomenti, attività, senza andare al centro, al motore da cui può nascere un modo nuovo e più umano di trattare noi, gli altri e la nostra casa comune, non serve. Non serve perché non cambia nel profondo e non permette di “introdurre alla realtà nella sua totalità”, cogliendo il valore di quel che siamo e di ciò che ci circonda.
Sono le mille ore di scuola che viviamo ogni anno con i nostri studenti che devono diventare il luogo in cui questo accade. Vorrei fare un esempio concreto di che cosa significa ripensare al curriculum degli studi del biennio dello Scientifico tenendo conto dell’educazione ambientale, senza aggiungere nulla alle indicazioni nazionali per i licei. Sono tre piste di lavoro semplici che abbiamo individuato con i 27 consigli di classe del Liceo quadriennale delle Scienze applicate per la transizione ecologica e digitale e che potrebbero valere per tutti gli indirizzi e gli ordini di scuola:
1. Scoprire attraverso lo studio delle scienze, della fisica, della geografia e della storia la grandezza, la bellezza, la complessità e la fragilità della nostra unica casa comune: la terra.
2. Imparare ad osservare, descrivere, misurare ed utilizzare i dati anche attraverso l’uso costante dei laboratori interni ed esterni alla scuola, per non fermarsi ad un’impressione superficiale, per capire quello che vediamo, per imparare a parlare a ragion veduta senza andar dietro a “quel che dicon tutti”.
3. Chiedersi che cosa possiamo fare per dare il nostro contributo al rispetto, alla cura e alla costruzione della nostra casa comune.
Solo percorrendo seriamente le prime due piste di lavoro, la domanda su “che cosa possiamo fare” non rimane in superficie e non porta a risposte che danno solo “istruzioni per l’uso”, senza cambiare il nostro modo di pensare e di agire in profondità.
Quando abbiamo letto la Laudato si’ di Papa Francesco, non abbiamo visto solo un’esortazione ma la proposta di un percorso di conoscenza e di consapevolezza aiutato dai migliori ricercatori e studiosi del mondo. A scuola dobbiamo seguire lo stesso metodo, la stessa strada. I nostri studenti potrebbero diventare le sentinelle di un uso consapevole delle risorse nelle nostre scuole e nelle nostre case, da loro potrebbe iniziare un cambiamento profondo che arriva in tutte le nostre famiglie, ma occorre partire con il piede giusto.
Otto anni fa a Bologna insieme a Seaside, un’azienda leader nell’efficientamento energetico, abbiamo proposto un percorso di formazione nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro per far diventare gli studenti “Energy manager” delle loro case. Partendo dal Liceo Malpighi, l’esperienza si è allargata ad altre scuole fino a coinvolgere mille studenti ed ora stiamo progettando di ampliarla a livello nazionale. Una bella storia, ma questi progetti non bastano.
Occorre andare in profondità e la scuola deve essere il luogo per farlo. I bambini e i giovani sono molto più interessati di noi boomer a questi temi. Sono cresciuti in un mondo in cui è evidente che le risorse a disposizione sono scarse.
Noi siamo cresciuti con l’idea che per migliorare le nostre condizioni di vita fosse possibile e giusto sfruttare senza limiti quello che ci circondava. Oggi dobbiamo capire in che modo la categoria della possibilità può convivere con il rispetto di quello che c’è. Durante il Covid abbiamo fatto l’esperienza di cosa significa essere “sulla stessa barca”, con le stesse fragilità. Per la prima volta le nuove generazioni dei Paesi ricchi hanno visto in faccia la morte e noi adulti siamo stati costretti a rispondere alle “grandi” domande che ci ponevano i nostri figli e i nostri studenti. In questi ultimi anni le catastrofi naturali si sono moltiplicate e stiamo assistendo alla più grande crisi energetica degli ultimi 100 anni. In questa situazione, che mina alla radice il desiderio di futuro e la certezza stessa che ci sarà un futuro, non bastano le “istruzioni per l’uso”. Più è forte la tempesta, più è grande la necessità che le radici siano profonde. Educare i bambini e i giovani al rispetto e alla cura della nostra casa comune implica anche aiutarli nella scoperta del loro posto nel mondo. Non è raro veder comparire nei dialoghi con i piccoli un sospetto sull’uomo, sull’autore di questa distruzione che diventa il nemico da togliere di mezzo. L’idea che l’unica prospettiva possa essere quella di non mettere al mondo figli per interrompere questa catena di distruzione emerge frequentemente e non basta un’esortazione qualunque per far capire che l’uomo può avere un ruolo costruttivo nel mondo.
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