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Home » Educazione » Didattica » SCUOLA/ Esperienza e cuori in ascolto, la lezione di Grossman e Leone XIV

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SCUOLA/ Esperienza e cuori in ascolto, la lezione di Grossman e Leone XIV

Raffaela Paggi
Pubblicato 8 Dicembre 2025
Esame di maturità, un momento dell'orale (Ansa)

Esame di maturità, un momento dell'orale (Ansa)

Senza un'immedesimazione con le ragioni dell'altro, il significato sfugge. Riflessioni su un recente percorso interdisciplinare a scuola

Nella mostra La forza dell’umano nell’uomo, dedicata alla vita e all’opera dello scrittore Vasilij Grossman (1905-1964), attualmente esposta a Milano e a Torino, vi è una foto (cfr sotto) che incuriosisce i visitatori. Datata 28 aprile 1945, ritrae Grossman vestito con l’uniforme dell’Armata rossa, imbacuccato in un rigido cappotto militare, che, in Treptower Allee a Berlino, si intrattiene a parlare con gli abitanti delle case distrutte, costretti a vivere in capanne.


CENA DI SANTA LUCIA 2025/ Per ricordare da dove si comincia a costruire la pace


Seduti intorno a un tavolo, all’aperto, i loro volti trasmettono fiducia reciproca e desiderio sincero di raccontarsi. Paradossale, vista la situazione conflittuale e il sospetto che in quell’epoca serpeggiava in chi, vittima dei totalitarismi di diverso colore, sapeva bene che qualsiasi parola poteva essere oggetto di delazione e di condanna.


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Grossman, cronista di guerra al seguito dell’Armata rossa, non prende appunti, ascolta le persone e basta, in una postura che non ha nulla a che vedere con quella tipica di un interrogatorio. Appare semplicemente desideroso di conoscere quegli uomini e quelle donne, di immedesimarsi nelle loro vicende, di capire cosa esattamente sta succedendo alla e nella gente che dalla terribile guerra è stata colpita, ferita, spogliata di tutto.

Con lo stesso sguardo amabile e curioso, Grossman osserva gli Armeni nelle foto dell’ultima sezione della mostra. Lo scrittore arriva in Armenia nel 1961, dopo essere caduto in disgrazia in seguito alla condanna del suo volume Vita e destino (giudicato dalla censura pericolosamente antisovietico), perché è stato invitato dall’Unione degli scrittori armeni a tradurre in russo l’epopea di una fonderia di rame scritta in armeno da Martirosyan.


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Come sua abitudine si lascia incuriosire e commuovere dai paesaggi, dalla dura vita dei contadini intenti a coltivare un terreno arido e pietroso, dalle umili case e dai piccoli cortili, dalle semplici antiche chiese armene. E durante un matrimonio gli viene spontaneo inchinarsi sentendo che gli Armeni, prima di festeggiare, ricordano “l’amaro destino del popolo armeno” e “parlano degli ebrei e degli armeni, del sangue e delle sofferenze che li hanno avvicinati” ( V. Grossman, Il bene sia con voi, Adelphi 2011). Grossman è commosso da un dolore universale, di c

ui nessuno ha il monopolio, e immedesimarsi in quello altrui significa capire il proprio.

Tale attitudine all’ascolto e all’immedesimazione nell’altro è uno dei fattori fondamentali che consente a Grossman di rimanere fedele a sé stesso, di non tradire quell’anelito alla libertà, alla verità e alla giustizia che caratterizza sin dalle prime righe i suoi scritti, di scoprire, non attraverso lo studio teorico, ma attraverso la carne dell’esperienza, la profonda disumanità non solo del totalitarismo nazista, ma anche di quello sovietico, cambiando progressivamente le sue convinzioni.

Vasilij Grossman (©️ Foto dall’Archivio privato di Fëdor Guber, gentilmente concessa da Elena Fëdorovna Kožičkina)

Se educare significa aiutare il giovane, che si affaccia alla vita, a conoscere la realtà e a scoprirne il senso, Grossman può essere un prezioso testimone per approfondire cosa significhi veramente ascoltare i fatti e immedesimarsi nelle persone al fine di lasciare spazio alla realtà nella sua interezza e complessità, alla verità della realtà, e non farsi diseducare dalla parzialità dell’ideologia, di un’idea che per affermarsi deve cancellare le differenze e si trincera dietro a etichette e classificazioni astratte di persone e situazioni, non considerando l’altro nella sua concretezza, unicità e irripetibilità.

È a questa visione empatica dell’educazione che Papa Leone XIV invita le scuole cattoliche nella Lettera apostolica Disegnare nuove mappe di speranza: “Occorre uscire dalle secche col recuperare una visione empatica e aperta a capire sempre meglio come l’uomo si comprende oggi per sviluppare e approfondire il proprio insegnamento. Per questo non si devono separare il desiderio e il cuore dalla conoscenza: significherebbe spezzare la persona. L’università e la scuola cattolica sono luoghi dove le domande non vengono tacitate, e il dubbio non è bandito ma accompagnato. Il cuore, lì, dialoga col cuore, e il metodo è quello dell’ascolto che riconosce l’altro come bene, non come minaccia. Cor ad cor loquitur…” (3.1).

Occorre uno sforzo di immedesimazione nel giovane, che la scuola ha il compito di educare, per capire “come si comprende”, quali domande si pone, quali desideri albergano nel suo cuore; occorre che i docenti siano disposti a interrogare il loro sapere alla luce delle domande dei loro giovani studenti per testare se la tradizione di cui si sono alimentati finora è in grado di offrire ancora risposte, di modellare nuovi percorsi di conoscenza e nuove forme di espressione.

Recentemente ho avuto modo di osservare i frutti di un percorso interdisciplinare di matematica, arte e fisica effettuato presso il liceo scientifico Alexis Carrel-Fondazione Grossman in cui agli interrogativi sul rapporto tra la mente umana e la macchina, che urgono nei giovani, si è provato a rispondere non in modo astratto e teorico, ma con un viaggio attraverso l’evoluzione delle macchine, dalle più elementari (leve, carrucole e piani inclinati) alle più complesse (termiche ed elettriche) al fine comprendere, aiutati dalla fisica, come l’ingegno umano abbia trasformato il modo in cui si sfrutta l’energia.

I docenti di arte e matematica in dialogo tra loro hanno costruito con gli studenti un percorso per mostrare alcuni importanti teoremi e principi geometrici attraverso lo studio e la costruzione di macchine, favorendo lo sviluppo di una visione dinamica della geometria e del rapporto tra modelli teorici e realtà. È stato interessante prendere in esame, in un modo concreto e attuale, rispettoso della storia e delle diverse discipline, insieme agli studenti, la questione della delega alle macchine di alcune funzioni della mente umana: quali funzioni è stato possibile ed è possibile delegare alle macchine e quali no?

Il lavoro di riappropriazione delle discipline in una nuova forma e in risposta a nuove domande si è rivelata un’occasione di didattica “empatica”, cioè capace di ascolto dell’altro e di immedesimazione nelle sue istanze, che ha offerto spunti di riflessione e tentativi di risposta al desiderio di ipotizzare una ibridazione tra la mente umana e la macchina rispettosa della natura di entrambe.

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Tags: Papa Leone XiV

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