L’inizio dell’anno scolastico è segnato dalla quantità. Quantità di informazioni, progetti e anche tensioni. Chi sta alla finestra o in tribuna non vede quello che succede in campo. O meglio lo vede, ma non lo sente. Non sente il sudore, la fatica, la tensione. È stato sempre così. Chi sta in trincea e in prima linea ha un’altra visione delle cose, ma non conta. Non conta nulla. Sono importanti i progetti e gli schemi. Di fronte al collasso educativo di una generazione di genitori adultescenti, che hanno perso il contatto con la realtà, il ministero reagisce con nobili sforzi. Ieri con l’introduzione dell’educazione civica, oggi con i tutor dell’orientamento. Si tratta di iniziative che però non entrano nel merito della questione.
Genitori incapaci di dire un no e pronti al ricorso per una ripetenza. Adolescenti sempre più ansiosi e in affanno. Mamme che vorrebbero proteggere i figli da tutto e soprattutto dalla vita. Società sempre più liquida e narcisista. Ma di questo non si può parlare. Non può capitare che ci si faccia male o che si faccia qualche errore. La scuola deve essere un anestetico locale dominato dal grigio. L’istituzione anziché aprire domande e introdurre alla fatica del vivere, deve prevenire e prevedere tutto. Andrà tutto bene: questo è il fine della vita. Ma cosa succede quando i conti non tornano e quando la vita ci inoltra nel mistero del negativo? Sgomento, colpa tua, colpa sua, colpa dei professori.
La situazione attuale di confusione esistenziale e di pretesa sulla vita, però non viene dal nulla, ha una causa: la mancanza di padri. La figura del padre è stata fatta fuori. Al suo posto mezze figure, ominicchi e quaquaraqua, come direbbe Sciascia. L’insegnante, perciò, secondo alcuni pedagogisti dovrebbe essere un facilitatore, un semplice orientatore degli studenti, cioè la conseguenza sfibrata e svilita di un uomo di conoscenza. Lo scetticismo pedagogico imperante, mascherato da tollerante neutralismo, finalmente getta giù la maschera. Non tiene di fronte alla vita, mostrando tutta la sua evanescenza. E complica la vita con l’incapacità di offrire punti di riferimento esistenziale.
Nasce allora una nuova domanda: si può uscire dal nulla? È possibile attraversare un anno nuovo in modo diverso e positivo? L’augurio per tutti gli alunni è che incontrino sulla loro strada docenti che siano uomini e donne, con la loro fatica, i loro errori e la loro vita. Docenti che facciano conoscere uomini e opere venuti su con il sacrificio, il sudore e l’amore.
Dante, Dostoevskij, Leopardi, Pasteur hanno conosciuto la vita anche attraverso la fatica e la sconfitta. Non sono stati facilitatori e la vita per loro non è stata facile. La tenerezza e la verità di un padre, di un maestro, di un compagno, di una donna, però, ha aperto nella loro vita una strada e il mondo.
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