A scuola la docente di psicologia di Sara si limitava alle spiegazioni tecniche e rifiutava qualsiasi domanda sul perché. A Sara non poteva bastare

Sara aveva da studiare una parte di psicologia che riguarda i maltrattamenti, una sezione specifica con anche molta documentazione di grande attualità. Quando Sara era arrivata al centro di aiuto allo studio, Luigi era già in aula, pronto per affrontare l’argomento che lo interessava molto anche perché era curioso di sapere cosa ne pensasse la ragazza.



Si erano messi ad affrontare le pagine che l’insegnante aveva assegnato dopo averle spiegate.

Sara dopo alcuni passaggi aveva chiesto se davvero vi fossero tanti fatti di maltrattamento in famiglia, perché a lei sembrava impossibile. “La famiglia è un luogo in cui io sto bene – aveva sottolineato Sara –. Certo vi sono talvolta discussioni e non sempre si è d’accordo, ma io so che dai miei genitori e dai miei fratelli sono amata, c’è una certezza in me che nessuna diversità d’opinione mette in discussione.”



“Hai ragione – aveva risposto Luigi – la famiglia è come la descrivi tu, però questi maltrattamenti purtroppo accadono, sono fatti, è esplosa una violenza domestica che fa preoccupare.”

“Ho visto – aveva risposto Sara – e mi chiedo perché. Come è possibile che un ragazzo uccida madre, padre e fratello? Come è possibile? Io stento a crederci, tanto è irrazionale una cosa del genere.”

“Quello che studi risponde alla tua domanda?” aveva chiesto allora Luigi prendendo in contropiede la ragazza.

Sara dopo un attimo di silenzio aveva detto “no” e aveva aggiunto “non proprio! perché mi fanno analizzare i comportamenti ma non mi spiegano il perché.”



“E non lo hai domandato in classe?” aveva allora chiesto Luigi.

“In classe? non è pensabile, in classe la prof spiega e noi prendiamo appunti, ci mancherebbe che facciamo delle domande.”

Studenti e professori all’ingresso del liceo Ennio Quirino Visconti, Roma (Ansa)

“Ma come? il bello della scuola non è solo ciò che viene spiegato, è anche e forse soprattutto la vostra curiosità!” aveva reagito Luigi e Sara lo aveva come bloccato dicendogli che non capiva, che era così e non si poteva fare nulla. Luigi aveva insistito perché voleva capire e lei allora aveva risposto che la prof non voleva, ogni volta faceva capire a chi chiedeva che era inutile, che le sole domande utili erano quelle di pura spiegazione.

“Ma come?” aveva ribadito Luigi sempre più esterrefatto per un simile atteggiamento.

“Ti capisco, anch’io mi chiedo come sia possibile, ma è così!” aveva risposto Sara, facendo capire a Luigi che a lei dispiaceva vi fosse una simile situazione però questa era la realtà.

“Non possiamo fare qualcosa?” aveva allora chiesto Luigi.

“Certo! – aveva risposto Sara –. Voglio capire il perché di tutte queste violenze! Domani lo richiedo in classe, mi hai convinto, ma ora come rispondiamo a questa domanda sul perché?”

“Tu hai detto che il libro ti fa analizzare la violenza domestica ma non affronta la domanda del perché. Come mai dici questo?” Luigi aveva dunque ripreso l’argomentazione delle violenze domestiche.

“Io faccio esperienza della famiglia come un luogo di rapporti in cui sono voluta bene come sono. Forse sta qui la risposta al perché?”

“Penso di sì, che la violenza si insinui quando scatta la pretesa sull’altro, quando l’altro non è amato per quello che è, ma è amato se è ciò che gli si impone di essere. Penso stia qui l’origine della violenza, perché la prima violenza è farsi un’immagine dell’altro, ingabbiarlo in una idea che si ha di lui. Penso sia così, ma lascia la domanda sul filo del rasoio, chiediti e chiedi. Studiare così con una domanda dentro è affascinante, è l’unico modo di studiare.”

Luigi e Sara avevano continuato a studiare quelle pagine di psicologia lasciandosi incalzare dalla domanda del “perché”.

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