L’immagine del serial killer, pur nella sua brutalità, esercita sull’essere umano un fascino misterioso. Un fenomeno, questo, che trova inevitabilmente spazio anche nelle tante produzioni televisive e letterarie, con serie tv, film ma anche romanzi sull’argomento che attraggono la curiosità dei più. Sono tanti coloro che restano attratti dalle storie personali dei grandi serial killer del passato. Un fascino innegabile ma al momento anche in parte inspiegabile. C’è, ad esempio, chi ritiene che questo fascino arrivi dall’ondata primordiale che è presente nella vita apparentemente ordinaria di ognuno di noi e chi invece è mosso dalla curiosità e dal bisogno di trovare una giustificazione ed una spiegazione a comportamenti solo apparentemente irrazionali. La riflessione è sollevata dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, in un articolo di oggi in cui analizza gli psicopatici come figura popolare, partendo dal caso del serial killer statunitense, Dennis Rader che tra il 1974 e il 1991 uccise almeno dieci persone non prima di averle umiliate. Solo nel 2005 la polizia riuscì ad arrestare il pericoloso soggetto, oggi 75ennne, il quale per i suoi crimini sta scontando 10 ergastoli. Nonostante l’uomo sia rinchiuso a vita in carcere, la sua figura continua ad ispirare la curiosità mediatica.
IL FASCINO DEL SERIAL KILLER: I POSSIBILI MOTIVI
La storia di Rader, ad esempio, è stata al centro del romanzo A Good Marriange di Stephen King ma compare anche nelle vignette sceniche della serie Netflix del 2017 Mindhunter, basata sul libro Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer americano. La serie si basa sull’analisi psicologica dei criminali da parte dell’FBI, prendendo come esame killer del calibro di serial killer come Ed Kemper, Charles Manson e David Berkowitz aka Son of Sam. Ma c’è spazio per il mito dell’orrore anche in molta letteratura, in ultimo il libro The Last Book on the Left di Henry Zebrowski diventato già un bestseller in cui gli autori raccontano come agenti di polizia che erano stati alle calcagna di Rader per anni sono rimasti delusi quando finalmente riuscirono a vederlo: un uomo paffuto, calvo e con i baffi. La domanda però resta sempre la stessa: come mai restiamo attratti da soggetti capaci di atti così sconvolgenti? Il portale State of Mind si era già interrogato in passato sull’argomento chiamando in causa il meccanismo di co-attivazione illustrato da Dietrich e Hall (2010) secondo cui gli esseri umani se spaventati possono essere anche divertiti. Un meccanismo che fornisce una correlazione positiva tra emozioni opposte.
Un altro motivo del fascino del serial killer sull’essere umano potrebbe essere ricercato nel bisogno di ricercare motivazioni a qualunque cosa per avere maggiore controllo, soprattutto se questo può avere ripercussioni sulla nostra vita. L’essere umano è quindi spinto da una buona dose di curiosità che come la co-attivazione e il bisogno di trovare spiegazioni ad oggi spingono gli spettatori a guardare le serie tv e i film sui serial killer. Gli stessi fattori hanno spinto gli agenti a mettere a punto una tecnica chiamata criminal profiling, ovvero l’identificazione delle principali caratteristiche di personalità e comportamenti di un soggetto allo scopo di guidare le indagini e identificare possibili sospettati. La tecnica tuttavia, sebbene abbia un forte impatto mediatico non è empiricamente provata. In conclusione, la figura del serial killer continua ad alimentare un grande fascino ed interesse quanto più è feroce nel dare espressione della propria personalità.