‘Shoah Party’, video choc su WhatsApp/ Pedopornografia e nazismo in chat di minorenni
Torino e Siena, 25 indagati per scambio di materiale tra pedopornografia e nazismo: chat tra minorenni “The Shoah Party”, perquisizioni e inchieste

Si chiamava “The Shoah Party”, era una chat su WhatsApp con partecipanti un foltissimo gruppo di ragazzi, ragazzini e minori di 14 anni tutti ora nell’occhio del ciclone (e delle indagini) dopo l’operazione i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Torino e Siena, i due punti dove è iniziata mesi fa l’inchiesta in merito alle inquietanti segnalazioni di questa chat. Video terribili di violenza a sfondo nazista, islamista e finanche a materiale di pedopornografia scambiato dai ragazzini creatori dell’ignobile chat WhatsApp. Sono state 25 le perquisizioni in tutta Italia, specie in Toscana e Piemonte dove vivevano la maggior parte dei partecipanti al gruppo social: l’inchiesta è nata da Siena dove una mamma che scoperto alcuni video sul cellulare del figlio e ha sporto immediata denuncia. Un via vai continuo di quel gruppo – e sarà difficile ristabilire tutti i partecipanti – con tanti già usciti da tempo che però hanno partecipato e condiviso materiale tremendo dal nazismo fino al cyberbullismo pedopornografico.
GRUPPO WHATSAPP CHOC SU NAZISMO E PEDOPORNOGRAFIA
Come riporta Repubblica Torino, dopo mesi di indagini le forze dell’ordine sono arrivati a risalire agli amministratori del “Shoah Party” scoprendo come maggiorenni e minorenni, tutti figli di buone famiglie e non in contesti estremamente disagianti, avesse regolarmente condiviso per mesi tali contenuti. Tra Torino e Rivoli vivevano la maggiorparte di essi ora indagati dalla Procura di Siena: 25 sotto inchiesta, 6 maggiorenni, 19 minorenni e anche 6 sotto i 14 anni dunque non perseguibili dalla legge. I Carabinieri hanno ricostruito come tanti ragazzini dai 13 ai 17 anni erano rimasti invischiati – più o meno consapevolmente -in questa inquietante vicenda di pedopornografia: alcuni dopo essere entrati in quello spazio WhatsApp ne erano subito usciti, altri invece hanno continuato a ricevere e mandare materiale a sfondo nazista. Come spiega ancora Repubblica Torino, «le immagini e i video postati sono stati attribuiti singolarmente alla responsabilità di qualcuno, e alla fine ne è venuta fuori una ben documentata informativa di reato che è finita sul tavolo dei magistrati operanti».
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